Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
04 ott 2014

Binario triste e solitario

di Luciano Caveri

La ferrovia valdostana sprofonda sempre di più in uno stato di abbandono e non sembra esserci la reazione necessaria ai ripetuti "sos". La sindrome "ramo secco" si accentua con il taglio di più della metà delle corse dei treni decisa da "Trenitalia" per questioni contrattuali (da vedersi semmai in un Tribunale e non sulla pelle dei viaggiatori). Una scelta discutibile che, se anche fosse scongiurata in extremis, resta indicatore evidente di confusione nella gestione del dossier da parte della Regione e dei parlamentari valdostani, ormai grandi assenti. Eppure la norma di attuazione sul trasporto ferroviario del 2010 disegnava con chiarezza il quadro pur complesso sia per esercizio, che per proprietà della linea e per investimenti infrastrutturali. Mai giocare, com'è avvenuto in Parlamento, con norme ordinarie incidenti sulle norme d'attuazione, perché questo indebolisce la nostra autonomia speciale. Inoltre, se lo Stato nicchia per l'applicazione, come avviene anche per la regionalizzazione del Catasto, va trovato il modo per rivolgersi in primis al Presidente della Repubblica, nel suo ruolo di garante della Costituzione e, in seconda battuta, bisogna introdurre una causa presso la Corte Costituzionale. Certo sui trasporti ci vorrebbe un viaggetto a Lourdes per una salutare benedizione, perché non c'è un solo tassello che vada bene. Dalla ferrovia al trasporto su gomma, dall'aeroporto al settore funiviario, per non dire dei problemi legati al costo autostradale: in ogni settore ci sono criticità crescenti e sembra mancare un disegno complessivo. Ma questa questione pone un altro problema: i rapporti politici con il Piemonte e con il Canavese. Con il Piemonte è presto fatto: esistono accordi formali fra Regioni che possono mettere in fila i diversi problemi comuni, evitando che tutto sia legato alla verbalità e alle strette di mano. Con il Canavese la questione è seria, perché la vicinanza è un dato geografico e storico, cui non si può sfuggire. Senza risalire a Salassi e Romani, all'epoca medioevale o al Département de la Doire di epoca napoleonica o alla Provincia di Aosta di epoca fascista, resta chiaro - pensiamo al caso "Olivetti" o ai problemi della sanità - di quanto siano stretti i rapporti di vicinato e necessari tavoli politici, di cui oggi la ferrovia in comune è solo la punta di un iceberg. La vicenda della soppressione delle Province ha complicato le cose. Infatti Ivrea, senza reali alternative, genere la nascita in passato di una "Provincia Biella ed Ivrea" o di una "Provincia alpina", che avrebbe avuto un senso aggregativo ai nostri confini regionali, si trova oggi "assorbita" nella vastissima area metropolitana di Torino, dove - inutile contarsi storie - la forza demografica (e quindi elettorale) della città imporrà una sorta di marginalizzazione dei territori più distanti. Questo però non significa affatto non dover ragionare con Ivrea in particolare, ma anche con quei Comuni a noi vicini, sia singoli che nella logica delle Unioni sostitutive delle vecchie Comunità montane. Non è solo una questione di fondovalle, ma il caso del Gran Paradiso dimostra come ci siano problemi comuni anche se la prossimità reale è assicurata da complicati collegamenti stradali. Sarebbe assurdo impegnarsi in sacrosanti accordi di area vasta - come l'euroregione "AlpMed" o la gigantesca strategia per una macroregione Alpina - se poi non ci si occupasse dei temi più vicini a noi, nella chiave di una prossimità legata a problemi concreti dei nostri cittadini. In questo senso, la ferrovia è una priorità che va affrontata - avendo in passato studiato in modo minuzioso diversi scenari possibili e le problematiche ad essi collegati - ponendosi priorità immediate e un disegno complessivo di medio-lungo periodo. E' vero che siamo in un periodo di "vacche magre" (anzi magrissime: tra breve saremo - incredibile a dirsi - a circa metà del Bilancio che lasciai ai tempi della mia Presidenza!), ma far morire il trasporto ferroviario sarebbe una scelta miope e accentuerebbe quell'isolamento della Valle d'Aosta, che nel tempo non ha mai portato bene.