Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
19 set 2014

Il vandalismo non è arte

di Luciano Caveri

Neanche se in futuro diventerai Pablo Picasso sei autorizzato, a quindici anni, a deturpare la tua città a colpi di bomboletta, ed è un peccato che la tua lingua non possa togliere la vernice che tu hai usato, altrimenti bisognerebbe fartela adoperare come una gomma per cancellare. Questo è il primo immediato pensiero, forse sopra le righe, leggendo la notizia su 12vda, ambientata ad Aosta, ma potrebbe essere successo ovunque, che così viene raccontata: "Gli agenti della "Digos" della Questura di Aosta hanno identificato e denunciato "Kato" e "Sappy", due quindicenni aostani che, negli ultimi mesi hanno devastato il centro storico con diverse scritte effettuate con le bombolette spray sui muri dei fabbricati del capoluogo regionale, anche di pregio storico, come il Municipio o la Cattedrale di Aosta". I due, convinti chissà come e perché di essere due artisti, avevano anche, in ultimo, dipinto su due pullman turistici i loro ghirigori, detti "tag", come atto finale prima dell'identificazione da parte della Polizia e "fine delle trasmissioni" di questa storia, che non ha nulla a che fare con l'arte e con la libertà di espressione. Si tratta con chiarezza di una serie di atti vandalici che vanno risarciti e soprattutto non possono essere ascritti a delle semplici ragazzate, perché sarebbe troppo comodo in un età in cui quel che fai lo sai benissimo, specie se ripeti il gesto finché non ti beccano. Ricordo un caso analogo, anni fa, con ragazzi più o meno coetanei di quelli di oggi. All'epoca i genitori furono grandi difensori dei loro ragazzi, come se aggirarsi - così era in quel caso - nel cuore della notte con bombolette spray fosse in fondo un peccato veniale o forse solo una simpatica goliardata. Mentre io penso che su atti del genere - come su tanta microcriminalità - ci debba essere "tolleranza zero", perché è un modo stupido e inqualificabile per esprimersi, danneggiando un bene comune e proprietà private nel nome della street art, che è altra storia, non bastando scimmiottare. In verità non ci sono scusanti per loro e neppure penso che ce siano per i loro genitori. A questo proposito: la copertura dell'anonimato protegge i due minorenni e evita per loro quella censura pubblica che altrimenti li colpirebbe. Ma questa mancata possibilità di identificarli risulta comoda anche per i genitori, che non hanno vigilato abbastanza sui figli. Perché se ho un figlio "writer" - così si chiamano gli autori dei graffiti murari - e non ho fatto nulla per farlo smettere: o non me ne sono accorto perché ho gli occhi ricoperti di "pelle di salame" ed ho omesso un mio obbligo di vigilanza o, peggio ancora, me ne sono accorto e non l'ho fermato per tempo, di fatto coprendolo. Poi chissà che cosa ha innescato gli avvenimenti... Sarebbe bene, qualunque sia stata l'esatta dinamica, che i genitori scrivessero alla comunità, magari sottoscritta dai pargoli, una bella lettera di scuse da inviare, tramite i giornali, alla comunità valdostana. Sarebbe un bel gesto per loro e per i figli, che aiuterebbe i ragazzi a crescere - visto che si vantavano delle imprese su "Facebook" e questo ha contribuito a farli scoprire! - e ad essere più rispettosi di quanto si siano dimostrati a colpi di bomboletta. Insomma, una lezione esemplare.