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14 set 2014

Bibendum

di Luciano Caveri

In questo mondo di loghi e di marchi commerciali, sembra strano pensare che ci fosse un tempo in cui erano piuttosto rarefatti, prima cioè che dalla "réclame" in punta di piedi, di cui il "Carosello" con le sue ministorie era esempio, si passasse alla "pubblicità" (pur sempre un francesismo) intesa come enorme dispiegamento di forze. Fra i simboli più buffi - di cui ho una memoria infantile - c'è il marchio della "Michelin", azienda che ho di recente visitato in quel "Aventure Michelin", museo multimediale nella città natale dell'azienda, Clermont-Ferrand in Auvergne. Il termine "avventura" riflette esattamente la straordinaria intuizione che ha fatto da "fil rouge" per un'impresa nata nella Francia più profonda e che combatte sul mercato e anche nella città di origine per mantenere - pur a fronte di forti ristrutturazioni - quell'industria manifatturiera che resta fondamentale per ogni Paese. Calo un velo pietoso sulla situazione italiana, ma anche sulla crisi industriale valdostana di questi anni. Il susseguirsi di sale, attigue allo stabilimento, raccontano - dalla fondazione nel 1899 con gli inizi sino ad oggi che la società è ormai una multinazionale - in particolare delle gomme e del loro successo, dagli esordi alle nuove tecnologie, dei diversi mezzi di locomozione (biciclette, carri, treni, aerei, auto sportive, utilitarie...) alle sperimentazioni attuali per le auto elettriche e a idrogeno. E danno anche conto delle famose "Guide Michelin", guide turistiche diventate anche un riferimento per i migliori alberghi e ristoranti (premiati con quelle stelle che tengono sulle spine gli chef di grido), ma anche delle mappe cartacee e di quelle multimediali (compresa la App che calcola i percorsi). Conobbi, nella mia esperienza europea in cui mi occupavo di trasporti, l'allora capo della azienda, Edouard Michelin, erede dei fondatori, morto annegato nel 2006 durante una battuta di pesca nelle acque della Bretagna, purtroppo a conferma di una vena di sfortuna che colpisce i Michelin nel tempo. Era un uomo simpatico e brillante, che teneva ad un rapporto con il Parlamento europeo e con la Commissione che presiedevo, spiegando come l'evoluzione delle tecniche di costruzione delle gomme fosse preziosissima per la sicurezza stradale e il risparmio energetico. Alcuni esperimenti e filmati sul tema sono nel museo assai istruttivi assieme a prototipi che proiettano con chiarezza nel futuro. Edouard è stato un innovatore che incarnava con piglio la tradizione familiare, sapendo appunto quanto la ricerca contasse per stare al passo con i tempi, ma senza rinunciare alla propria storia (mi viene da pensare a Sergio Marchionne e alla scomparsa di "Fiat" con la complicità di quel che resta o meglio avanza della proprietà...). Rideva di gusto - a questo proposito - quando gli dicevo che per me, da bambino, quando mi portavano in gita in Francia, il vero vessillo francese non era il tricolore o il galletto, ma l'omino fatto di camere d'aria delle gomme simbolo della "Michelin", visibile in ogni garage degno di questo nome e non solo Oltralpe. Il simpatico personaggio era stato creato nell'1898 dall'artista francese O'Galop (pseudonimo del disegnatore Marius Rossillon). Penso che in molti sappiano che si chiama "Bibendum", nome divertente ma attenti alla apparenza, perché è in realtà un colto riferimento alla celebre frase del poeta latino Orazio: "Nunc est bibendum". Venne usata come slogan da "Michelin" all'inizio del secolo scorso. Si trattava di prendere atto del successo in corso, visto che vuol dire «Ora si deve bere» ed è un motto da usare tra amici, dopo qualche vittoria, per brindare assieme. E di vittorie, in tutti i campi, questi Michelin - partiti con il caucciù - ne hanno avute.