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19 ago 2014

Perché la pareidolia

di Luciano Caveri

Avrei voluto parlare della "pareidolia" già nei giorni scorsi, poi ho scritto d'altro. Ora un nuovo spunto viene dalla Rete con la storia di una foto della Luna in cui risulta un alieno o presunto tale che passeggia sul nostro satellite. Non si capisce cosa starebbe a farci, visto che la località non pare molto amena. Come tutti i fatti di questo genere, tipo una enorme faccia vista su Marte, anche questo è diventato virale e mi ha fatto venire in mente la "pareidolia". La definizione più sintetica del fenomeno si trova in "Wikipedia": "La pareidolia (dal greco "είδωλον - immagine", col prefisso "παρά - simile") è l'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale". Per capirci subito vale il caso, praticato da tutti da bambini, di vedere nelle nuvole oggetti singoli o associati, plasmati dal movimento di quelle formazioni di vapore acqueo. Gioco che a me piace fare anche da adulto e giuro che una sera ho fatto credere a mio fratello che le luci sparate in cielo dal Casinò di Saint-Vincent, associate a una strana formazione nuvolosa tipo astronave, fosse lo straordinario arrivo dei marziani! Tutti, da bambini, abbiamo visto una faccia nella Luna piena, come quella del "Viaggio sulla luna" dei fratelli Lumière, per fare un altro esempio. Nel sito "Disinformatico" dello scienziato e "smontabufale" Paolo Attivissimo si legge: "Una delle spiegazioni più intriganti per il fenomeno della pareidolia, ossia la tendenza a riconoscere forme familiari in immagini che in realtà sono solo forme pseudocasuali (le macchie nel muro scambiate per Madonne, per esempio), è che si tratti di un meccanismo nato dalla selezione naturale. La tesi, in sunto, è questa: se un nostro antenato primitivo non si accorgeva che nell'erba alta c'era nascosto un predatore, finiva mangiato e quindi non si riproduceva. Gli umani che avevano una maggiore propensione a riconoscere le forme dei predatori mimetizzati, invece, non venivano mangiati e quindi si riproducevano. A lungo andare, questa selezione avrebbe promosso gli individui che avevano maggiormente questa sensibilità e anche quelli che l'avevano in eccesso, perché chi scappava anche quando la macchia a forma di predatore non era un predatore ma soltanto una macchia aveva più probabilità di cavarsela rispetto a chi diceva «tranquilli, quello non è un leone, è soltanto una macchia» tre secondi prima che la "macchia" se lo portasse via fra le zanne". Insomma: il fatto che questa predisposizione si manifesti sarebbe dovuto al fatto che l'evoluzionismo ha privilegiato chi ha colpo d'occhio unito a fantasia. Per cui non sembri eccentrico, ma c'è chi coglie figure umane in un lavandino, nelle facciate delle case, nei tronchi di legno e avanti di questo passo. Naturalmente esiste anche chi non usa l'approccio visivo ma adopera quello uditivo. Ci sono trasmissioni radio che mandano, ad esempio, brani anche famosi in inglese che sembrano nascondere parole o intere frasi in italiano, spesso di significato buffo. Dei due fenomeni ha scritto anche, nel suo trattato sulla pittura, lo stesso Leonardo da Vinci con il linguaggio della sua epoca: «E questo è: se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o pietre di vari misti, se arai a inventionare qualche sito, potrai lì vedere similitudine de' diversi paesi, ornati di montagnie, fiumi, sassi, albori, pianure, grandi valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie e atti pronti di figure, strane arie di volti e abiti e infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e bona forma. E interviene in simili muri e misti come del sono di campane, che ne' loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabulo che tu imaginerai». Per chi ami l'inverno, con la neve e il ghiaccio, il fenomeno non stupisce: capita di scorgere nel gelo figure quasi umane o di sentire nel frusciare del vento in montagna suoni che paiono voci. Non siamo matti, ma frutto assai maturo dell'evoluzione!