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28 lug 2014

La caserma Testa Fochi

di Luciano Caveri

Può piacere o non piacere, ma - chi come me ama e ha studiato la Storia lo sa bene - le vicende storiche le scrivono i vincitori. E fra i vincitori di questi anni, aspettando il girone di ritorno, ci sono senza dubbio due compagni di partito - anche se stento ancora a scriverlo e devo darmi un pizzicotto - l'attuale presidente Augusto Rollandin e il suo amico-nemico Bruno Milanesio, già politico, incaricato di occuparsi, per gli illustri precedenti, del delicato dossier della trasformazione della "Testa Fochi" da caserma alpina nel cuore di Aosta in sede della locale Università. Ieri si è avuta la cessione del bene alla Regione Valle d'Aosta, a conclusione di un iter complicato, ma ricordo che a beneficio delle elezioni regionali c'era stata una accelerazione con la impagabile sceneggiata della "posa della prima pietra", degna della recita di Totò e Peppino. Anche se il clima di certi momenti è meno gioioso e più simile a quanto avviene nella luminosa democrazia della Corea del Nord. Sulla cerimonia e i comunicati ufficiali, noto che si è fatto come faceva Stalin, all'epoca delle sue "purghe", quando dalle fotografie ufficiali sparivano dai gruppi, con gran maestria, le facce dei dissidenti e di chi cadeva in disgrazia. Così con lo stesso metodo, durante questa cerimonia - in spregio al bon ton e anche del buonsenso - è stata cancellato di fatto e senza scrupolo l'importanza di quell'accordo fondante del 2007 fra chi vi scrive e l'allora ministro della Difesa Arturo Parisi. Si parte, invece, con un colpo di spugna, da un anno dopo, quando fu inscenata - anche a giustificazione dell’accordo in itinere fra Union Valdôtaine e Popolo della Libertà (nefasto poi per il destino politico dei pidiellini locali) - una seconda firma fra il ritrovato presidente della Regione e il ministro Ignazio La Russa. Come se si dovesse tornare da capo e come se non si fosse capito che si era prospettato chissà quale problema irrisolvibile per far entrare in azione i due supereroi. Una firmetta e si riparte. Trovo che sia una ricostruzione sbagliata, non tanto per me che vivo in assoluta pace con me stesso, quanto proprio per quel ministro Parisi a cui feci riferimento allora, dicendo: «ho capito che questo progetto si poteva concludere quando è stato nominato Arturo Parisi alla guida del Ministero della Difesa». E' vero: ci voleva un sardo, prodiano di ferro, uomo integerrimo, per imporre una soluzione. Dicevo, quel 22 maggio di sette anni fa: «Siamo giunti alla conclusione di questa importante cessione, a cui seguirà un accordo di programma, per la "Testafochi", dove verrà mantenuto e potenziato il museo alpino, verrà trasformata in un campus universitario ed Aosta, città degli Alpini, diventerà città degli Alpini e degli studenti». Ricordo anche il ruolo essenziale dell’allora Comandante locale degli alpini, generale Bruno Petti, che disse: «si tratta di un progetto ambizioso, fortemente voluto per risolvere le carenze del "Centro addestramento alpino" e per offrire una sistemazione efficace ed efficiente delle infrastrutture del Centro stesso. Questo costituisce, contestualmente, un'opportunità di offrire all'Università della Valle d'Aosta una sede decorosa. Noi abbiamo la necessità di disporre di infrastrutture che possano permetterci di svolgere l'impegno che siamo chiamati a rispettare: innanzitutto un'azione di sviluppo e il ruolo di elemento principale nella gestione delle azioni relative alla montagna». Esemplari anche le dichiarazioni del ministro Parisi: «questo accordo giunge ad un anno esatto dal voto di fiducia del nuovo Governo e dà seguito a uno degli impegni presi, la valorizzazione del patrimonio della Repubblica che ci chiama a dar seguito al ripensamento dello strumento militare e alle prospettive strategiche. Questa intesa fornisce nuove possibilità di attrarre e mantenere i giovani sul territorio. La Scuola alpina e l'Università, riallocate, possono dare un contributo alla Regione, con un respiro più ampio, fornendo nuovi stimoli per la crescita della regione stessa e della Repubblica». All'epoca ci si muoveva in accordo con l'Università, a riconoscimento della sua autonomia, ormai del tutto "cigolante" nella situazione attuale e non a caso disse l'allora rettore Pietro Passerin d'Entrèves: «sono chiaramente soddisfatto per questo accordo e potremmo, in questo modo, perseguire gli obiettivi di sviluppo che ci siamo posti, riuscendo così a far partire un nuovo corso di studi, una facoltà scientifica ambientale dedicata alla montagna e all'agricoltura, che si aggiungerà alle cinque già attive». Ricordo anche la presenza dei due parlamentari Carlo Perrin e Roberto Nicco, proprio perché nella storia non si gioca con le omissioni. Che quell'accordo e le determinazioni successive del Governo, che ebbi l'onore di guidare, risultino il punto di partenza è dimostrato dal fatto che la logica di "do ut des" fra Regione e Forze Armate (migliorie alla "Cesare Battisti" ed eliporto di Pollein, solo per ricordare due capisaldi) è rimasta sempre quella. Tutto questo per opportuna precisazione, senza gusto di autocelebrazione, ma la verità non si cambia adulterando i fatti.