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20 giu 2014

La crisi del Centrodestra

di Luciano Caveri

La politica non è una scienza esatta, anzi non è neppure una scienza. Per cui vale, forse, quel che diceva Otto von Bismarck, politico tedesco ottocentesco di lungo corso: «La politica non è una scienza, ma un'arte». Così, malgrado molti anni di esperienza personale e le tante letture e gli studi sull'argomento, so bene quanti elementi di incertezza si sommino, come nel copione fantasioso di un commediografo o in un thriller di uno scrittore specialista del genere. Chi pensi di azzeccare le previsioni rischia di somigliare all'aruspice dell'Antica Roma, che interpretava il futuro sia dalle viscere degli animali sacrificati che dai fenomeni naturali. Ci riflettevo, rispetto ai destini del centro-destra in Italia, in particolare con riferimento alla lunga agonia politica di Silvio Berlusconi, dopo la batosta delle Europee, seguita alla celebre rottura con il suo delfino, Angelino Alfano, che guida oggi i transfughi del Nuovo Centrodestra. Alfano e i suoi Ministri oggi sono nel cono d'ombra che il protagonismo e lo smalto di Matteo Renzi applica ai suoi alleati, destinati in sostanza a fare da cadreghino. Meccanismo di cui in Valle d'Aosta l'attuale presidente Augusto Rollandin è maestro, spolpando vivi - al momento giusto - i suoi alleati di Governo (poi in realtà cannibalizza anche i "suoi", ma questa è un'altra storia). Vi è poi l'area centrista ex democristiana, irresistibilmente attratta dal potere renziano. Equilibri nazionali che si riverberano in Valle d'Aosta, dove si annuncia la sola variante di un tentativo, per ora dai tratti indefiniti, di una sorta di autonomismo di Destra dalle ambizioni ed esiti tutti da verificare. Oggi il "fattore B." è certamente il dato più importante, non solo per una questione di voti e dei problemi processuali ancora presenti, ma anche per la crescente "solitudine del Capo", che perde esponenti storici a lui vicini come petali di un fiore, così come per quell'isolamento crescente che - come descritto dai giornali - sarebbe frutto di un entourage al femminile che ne dirigerebbe le scelte. Insomma, sarebbe certo una questione di carisma in disfacimento, cui però si aggiungerebbe un'incapacità di governare le situazioni, inusuale in un uomo che ha dimostrato negli anni fiuto e capacità manovriere, anche quando la sua morte politica pareva certa e sapeva ripartire. Però questa volta l'attesa inerte non gli giova affatto, perché il terremoto lo attornia. Come noto, dunque, il tema cardine resta ormai, anche per ragioni anagrafiche, la sua successione e se questo avverrà o sarà per sua mano (con una figlia al suo posto) o per un blitz in Forza Italia, che apparterebbe alla tradizione italiana della coltellata alle spalle. In questa situazione, spunta - come un fungo la notte - quel Corrado Passera, già manager e poi Ministro con Mario Monti, che sceglie, sua sponte, l'area della Destra, dopo essere stato accreditato per tanto tempo come simpatizzante a Sinistra. Ma è evidente che a Sinistra il posto per una leadership eventuale è occupato in toto da Renzi, cui ogni gestione collegiale o condivisione va stretta: gli piace comandare da solo. Per cui Passera - che in politica resta un neofita e come tale fragile - tenta la carta ovvia di vedere se, quando sarà il momento, potrà ambire ad un ruolo di comando in una Destra allo sbando. Ma ci vorrebbe davvero capacità divinatoria per capire quel che sarà. Per cui, salomonicamente, "chi vivrà, vedrà".