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28 mag 2014

Il successo del Salone del Libro, ma...

di Luciano Caveri

Ho avuto la fortuna di nascere in una casa con tanti libri. Prima che cominciassi ad accumularli nella libreria della mia cameretta, i libri erano tutti nello studio di mio papà, dove lui passava lunghe ore a compilare i registri, allora cartacei, per la bonifica del bestiame. C'era un po' di tutto, in italiano e in francese, ma la parte più impressionante per un bambino - a parte le enciclopedie come la "Larousse" - erano i libri che arrivavano dalla spartizione fra i figli della ricca raccolta di libri del nonno René, prevalentemente ottocenteschi, ma anche con qualche volume del secolo precedente. I libri antichi, con i loro caratteri e la loro ricca rilegatura tradizionale, sono rimasti quelli che guardo di più nelle rivendite di vecchi libri, come mi è capitato di fare dai famosi bouquinistes sul lungosenna a Parigi. La lettura ha una forte componente educativa e si può trasmettere. La nascita delle biblioteche pubbliche ha favorito chi non aveva la fortuna di avere libri in casa, che non è mai stata una questione di censo. Ricordo case di persone di gran livello sociale con libri esposti a bizzeffe, che poi si rivelavano - autentico orrore - libri finti, che servivano solo per dare pomposità alla libreria farlocca. E viceversa ricordo persone di condizione modesta che avevano nel salotto buono libri veri e vari. La politica era, da questo punto di vista, una forte molla per la lettura. Leggevo in queste ore dell'incredibile successo di pubblico del "Salone del Libro" di Torino, dove non sono andato perché in certe kermesse incomincio a soffrire di una vaga agorafobia e anche del disagio di non riuscire a vedere le cose, perché trascinato dal flusso dei visitatori. Confesso in più il vago snobismo nell'assistere alle conferenze di grandi autori con la fastidiosa impressione che una parte dei presenti sia lì per il "personaggio", senza certezze che tutti abbiano letto i suoi libri. In Italia, ma anche in Valle d'Aosta, chiudono le librerie, le biblioteche si devono ingegnare con nuove attività, la distribuzione rischia di diventare monopolistica e lo scorso anno si sono venduti due milioni di libri in meno e i libri elettronici (peggio vanno gli "audiolibri", che non sfondano) arrancano a causa dell'analfabetismo digitale. Interessante leggere il report "Istat" sulla produzione e lettura di libri in Italia. Nel 2012 la quota di lettori è scesa dal 46 al 43 per cento e sono 24 milioni gli italiani, dai sei anni in su, che hanno detto di aver letto almeno un libro nei dodici mesi precedenti. Attenzione: il dato significa, se scorporato per sesso, il 49,3 per cento di donne e solo il 36,4 per cento di maschi, ma dato ancora più macroscopico è che la fascia di età in cui si legge di più è fra gli undici ed i quattordici anni (57,2 per cento) e dunque quando si è obbligati a farlo a scuola! Si legge di più al Nord, nei grandi centri urbani e comunque la gran parte legge molto poco, perché i "lettori forti", con almeno un libro al mese, sono solo il 13 per cento. Una famiglia su dieci non ha neppure un libro in casa. Nella graduatoria per regione la Valle d’Aosta - riferendoci sempre a persone di sei anni e più - è al terzo posto per la lettura, dopo Trentino Alto Adige - SüdTirol e Friuli Venezia Giulia e sottolineo di nuovo il dato generale che, fra i giovani fra i sei ed i quattordici, legge di più chi ha dei genitori che leggono. In Valle d'Aosta sono il 7,6 per cento le famiglie senza un libro in casa e siamo egualmente a metà classifica per chi possiede in famiglia più di cento libri con il 25,6 per cento. A non aver letto neppure un libro in un anno ci sono il 43,3 per cento dei valdostani. Una nuova frontiera, in cui la Valle d'Aosta primeggia, è l'acquisto degli "e-book", i libri elettronici. Personalmente ne sono un buon utilizzatore e credo che, tra praticità e costo inferiore, sia una nuova frontiera. Certo, almeno per la mia generazione, un bel libro in mano continua ad avere un altro fascino...