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31 mar 2014

Rollandin al tappeto

di Luciano Caveri

Augusto Rollandin, potente presidente della Valle d'Aosta, è caduto per due volte su altrettante risoluzioni - una di sfiducia alla dirigenza del Casinò di Saint-Vincent e l'altra contro di lui e la sua Giunta - in una sera di inizio primavera, il giorno di Sant'Emanuele, martire decapitato. C'erano, per chi avesse seguito il Consiglio Valle dalla diretta streaming e dalle brevi note incalzanti dei "social media", segnali che non fosse un giorno come gli altri. Lavoratori imbufaliti, diversi per storie personali e impiego, gli operai forestali e i dipendenti del Casa da gioco di Saint-Vincent, si accalcavano nelle tribune dell'aula del Consiglio per protestare contro le scelte nei rispettivi settori dell'imperatore Augusto, detto anche "Bokassa" per il suo cannibalismo politico, specie con chi nell'Union Valdôtaine ha negli anni messo in discussione la sua crescente propensione alla dittatura. Quei lavoratori erano il segno tangibile della sconfitta: due feudi del suo potere nel tempo si mostravano ribelli per le scelte politiche sbagliate e contraddittorie. Ancora in limine, quando gli attacchi indefessi dell'opposizione lo avevano sempre più costretto all'angolo e l'odore di franco tiratore si disperdeva nei corridoi del Palazzo, c'è stato un intervento in aula di un Rollandin livido e irriconoscibile per chi lo ha conosciuto negli anni migliori: meccanico, ripetitivo e afono, ha provato a convincere l'aula delle sue buone intenzioni. Ma i due voti seguenti, un "uno-due" da ring, lo hanno fatto vacillare e crollare al tappeto, mentre sul Web valdostano, invaso da suoi avversari, si esprimeva soddisfazione e giubilo e i suoi sostenitori si mostravano silenti di fronte alla sconfitta. Per chi ricordasse l'inizio degli anni Novanta, quando venne sconfitto nella stessa aula in sua assenza, è parso in parte un déjà vu. Ma questa volta pare non esserci, nelle vicende politiche, né appello né prescrizione. Quel che resta l'indomani è il dato politico indubitabile: la maggioranza regionale risicata che reggeva il Governo Rollandin non c'è più e ogni tentativo di ricucitura pare destinato solo a prorogare un'agonia di un leader e di un sistema di potere destinato a finire. Non si tratta solo di una critica ad personam di un presidente che ha perso mano a mano la sua dote di carisma e di autorevolezza, ma la constatazione che metodi di governo e atteggiamenti personali sono ormai segno dell'incapacità di affrontare una politica ed un'amministrazione che sono cambiate. Di conseguenza appare evidente che bisogna mutare capitano, equipaggio e rotta della nave per evitare, come stava avvenendo, che la Valle d'Aosta affondi per quanto noto e anche, purtroppo, per quanto celato nell'opacità dei comportamenti chiacchierati. Deve essere spazzata via una cappa opprimente ed un entourage - gli "uomini del presidente" - che hanno avvolto la Valle di una ragnatela che va tolta con un'opportuna e radicale pulizia di primavera. Cosa capiterà? Uno strumento lo indica la legge regionale 21 del 7 agosto del 2007 sulla forma di Governo. All'articolo 5 si indica la possibilità di usare la mozione di sfiducia costruttiva nei confronti del presidente della Regione per far nascere un nuovo Governo. Ma va detto che la sfiducia si è già manifestata con un voto ieri sera, dunque spetterebbe al presidente dimettersi senza titubanze, ma potrebbe anche decidere di vendere cara la pelle e sarebbe una scelta nociva per la nostra autonomia speciale in epoca di crisi economica e di riforme costituzionali. Se non si riuscisse a formare una nuova maggioranza ed un nuovo Governo, allora si andrebbe alle urne per elezioni anticipate con scioglimento dell'attuale Consiglio regionale. Questi sono i due scenari possibili, ma ora si tratta di vedere che cosa capiterà nel breve. Quella di oggi sarà una giornata molto lunga.