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15 mar 2014

Contro il degrado delle istituzioni

di Luciano Caveri

Chi mi conosce - compreso chi legga questo blog con una certa regolarità - sa che ritengo da sempre che, quando si smette di fare una cosa, si smette, punto e basta. Quel che è stato è stato, permea il nostro modo di essere ed è come un bagaglio che ci portiamo dietro, ma senza dover tornare indietro, perché la vita è guardare avanti. Per questo mi è capitato di rado di seguire in diretta il Consiglio regionale, dove ho comunque passato dieci anni della mia vita. Per informarsi ci sono altri canali, tipo la sintesi proposta su "Twitter", oppure le cronache di siti informativi e dei giornali. Ieri ho fatto, in parte, un'eccezione, perché inchiodato a letto con il febbrone e il mal di pancia. Ho in parte visto e in parte solo ascoltato lunghi tratti dei lavori, con il vantaggio di chi ha masticato pane e politica e mantiene una certa freschezza nella conoscenza dei diversi dossier. Questa Legislatura regionale - dal 2013 al 2018 - penso che resterà negli annali per alcune sue particolari caratteristiche. Il risultato elettorale, diciotto consiglieri alla maggioranza e diciassette all'opposizione, ha creato una situazione straordinaria e un clima di scontro molto forte con una minoranza molto incalzante, anche se è chiaro quanto risulti sfibrante fare il controcanto. Specie quando - questo è quanto più mi ha colpito - tu abbia di fronte chi, nella sostanza, non ti risponde mai. Un "muro di gomma" che sarebbe inconcepibile in qualunque regime parlamentare democratico. Credo che di questa deriva ogni cittadino valdostano - di qualunque credo politico sia - dovrebbe essere vivamente preoccupato, perché le istituzioni possono degradarsi se, chi le interpreta, finisce alla fine per non rispettare regole che dovrebbero essere scritte con caratteri di fuoco e usate senza deroghe. Il Governo Rollandin, l'ultimo del "Presidentissimo", sembra andare avanti per inerzia, senza idee e convinzioni, più per quel che resta ancora del potere personalistico di un tempo. Una sorta di paralisi avvinghia la politica e l'amministrazione e devo dire che non c'è formula di "larghe intese" che mi convinca. Si tratta di archiviare un lungo periodo storico e ricostruire un'autonomia speciale, nuova e diversa, sapendo che non esiste alternativa al fatto che ad impegnarsi nell'impresa non siano comprimari, ma persone competenti e oneste, che pure esistono. La prevalenza del "cretino" o del "furbetto" sarebbe letale per la Valle d'Aosta.