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15 mar 2014

La morte di una bimba sulla neve

di Luciano Caveri

Il piccolo Alexis, già a due anni aveva preso dimestichezza con un paio di piccoli sci di plastica. Gli "snow park" - e in particolare - i tapis roulant hanno il vantaggio di avvicinare allo sci con simpatia. Quest'anno, a pochi giorni dal compleanno, sulle piste domestiche del Col de Joux (con Alex Sabolo che con la sorella Alice aveva già insegnato ai sui fratelli ormai grandicelli), Alexis ha cominciato a sciare con regolarità e ha preso persino lo skilift da solo (cadendo senza danni). Questo bimbo sciatore mi ha scosso da una certa apatia degli ultimi anni e quest'anno con tuta nuova e affitto stagionale di sci ultimo grido, mi sono ripresentato sulle piste con viva soddisfazione. Ma non ho interferito nelle lezioni al piccolo, almeno fino a ieri quando finalmente ho fatto una discesina con lui, che sfoggia già uno spazzaneve veloce che fa tenerezza. I suoi fratelli Laurent (che quest'anno non ha sciato) ed Eugénie (che ha ripreso) avevano cominciato un po' più tardi a sciare, raggiungendo livelli buoni e - si sa - che una volta imparato a sciare i meccanismi non si scordano mai. Confesso che portarli a sciare l'ho sempre ritenuto qualcosa di doveroso, nel solco di un'educazione sentimentale all'ambiente alpino in cui viviamo, come ha fatto mio padre con me, e sono certo che i miei figli lo faranno con i miei nipoti. Per questo, cioè per un fatto personale, mischiato ad un'ovvia emozione per la notizia, ieri mi ha toccato in profondità la morte della coetanea di Alexis, morta su di una pista facile del piccolo comprensorio del "Weismatten" di Gressoney-Saint-Jean, uno dei luoghi delle mie sciate giovanili sin da piccolo, quando la "nera", tutta piena di gobbe, era un vero incubo. La bimba milanese è morta perché urtata da uno sciatore sedicenne. Chiunque oggi scii sa bene che quello degli scontri è una circostanza non eccezionale a causa di piste battute come biliardi, malgrado la segnaletica di sicurezza sia ottimale e l'uso del casco, cui mi dovrò rassegnare anch'io. In più l'attrezzatura rende più facile sciare anche a chi non ha un pieno controllo degli sci. Per cui, già con i miei due primi figli la raccomandazione era sempre: guardatevi attorno, perché ormai per sciare bisogna fare attenzione non solo al proprio gesto sportivo, ma a che cosa avviene in pista, prevedendo le mosse di chi ti sta vicino, davanti o dietro che sia. Non oso pensare al dolore dei genitori di Matilde. Una straordinaria giornata di sole e di neve può tingersi coi colori cupi della morte, che spezza una vita che germoglia così, d'improvviso. Non esiste consolazione da proporre. Ricordo - e già lo citai anni fa - quello straordinario scritto di Sant'Agostino, intitolato "La morte non è niente", che propone una lettura serena di certi drammi. Ma c'è anche una poesia di Rabindranath Tagore, che si chiama "Morte del bambino", che racconta lo strazio. "Era vivo, rideva, camminava e giocava. Natura, prendendolo che hai avuto? Tu hai milioni di uccelli colorati, foreste, stelle, oceani, il cielo infinito. Perché l'hai strappato dal seno della madre, l'hai nascosto in seno alla terra e l'hai ricoperto di fiori? O Potente Natura di miriadi di stelle e di fiori, hai rubato un bambino! S'è forse ingrandito il tuo tesoro infinito? Hai così aumentato d'un granello La tua felicità? Eppure, un cuore di mamma, immenso come il tuo, con la perdita del bambino ha perduto tutto!".

Naturalmente ogni tragedia ha il suo rovescio e anche l'investitore sedicenne ha cambiato da ieri la sua vita.