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27 feb 2014

Essere minoranza

di Luciano Caveri

La vita di tutti i giorni segue gli alti e i bassi del proprio umore. Per me, che credo nella politica, certe circostanze della situazione valdostana sono foriere, secondo le circostanze, di allegria o di tristezza, ma trovo che l'impegno dovrebbe essere quello di mantenere una media fra le due cose. Mi aiuta in questo un innato ottimismo, che spero che possa essere contagioso, ma non esclusivamente consolatorio. "Minoranza" non è una parola dispregiativa. Deriva da "minore", che viene dal latino e descrive qualcosa di "più piccolo". Il caso di scuola è l'espressione, a noi cara, di "minoranza linguistica", cioè una parte di popolazione - nel caso valdostano un popolo - che si esprima con lingue diverse dalla "maggioranza". Ma "più piccolo" è, nel gioco elettorale, anche quella parte - definita "minoranza" - che perde le elezioni e, non governando, fa da "opposizione", dunque si contrappone alla "maggioranza", che invece governa. Oggi, nella mia passione politica, sono "in minoranza" e seguo con partecipazione la lotta politica che le opposizioni svolgono in Consiglio Valle sul crinale di quel diciotto consiglieri di maggioranza a diciassette della minoranza, che caratterizza la ripartizione attuale dei trentacinque seggi. E' una situazione strana e difficile, in fondo, per gli uni e per gli altri. Ma lo è, appunto, anche per chi sia all'opposizione e aspiri, come è giusto che sia nelle istituzioni, a diventare maggioranza. La democrazia funziona, nei sistemi politici maturi, nella logica dell'alternanza. Per cui è normale che chi sia "fuori" dalle leve di governo aspiri ad essere "dentro" per dimostrare la bontà delle proprie idee e delle cose che vuole realizzare sulla base dei propri programmi. Capisco e condivido come nella posizione di "essere minoranza" ci siano attese e speranze, talvolta impazienti, perché l'impressione è spesso che, quando ci si avvicina al cambiamento, il traguardo da raggiungere si sposti, beffardo, ancora più avanti. E uno, pronto a gioire, si deve inghiottire il boccone amaro. E' una situazione psicologica sgradevole e demotivante, specie in un'epoca in cui se, com'è il caso, chi comanda non prende più un canale e la situazione peggiore con rapidità e si manifesta una sorta di senso di rassegnazione e di logorio nella comunità. Mi sento di dire che mai come in questo momento risulti preziosa la pazienza. E' vero che viviamo in un'epoca in cui la velocità sembra averla sempre vinta sul passo più lento. Ma, quando ci vuole tempo e le circostanze devono maturare, è l'occasione giusta per dimostrare quanto la resistenza conti. E poi il gusto del cambiamento sarà, al momento in cui si volterà pagina, un piacere profondo, per cui vale il grande Marcel Proust: «Que de bonheurs possibles dont on sacrifie ainsi la réalisation à l'impatience d'un plaisir immédiat».