Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
19 dic 2013

Sui "Forconi"

di Luciano Caveri

Ho sempre cercato di non vivere in una "bolla", dentro un'esclusiva dimensione politica, che mi isolasse in qualche modo dal mondo reale. Che è poi uno dei rimproveri a quella che - ed è già tutto un programma - viene chiamata "la Casta". E', invece, una "conditio sine qua non" quella di capire e di condividere i problemi dei cittadini nel corso dei mandati elettivi, altrimenti sarebbe impossibile la soluzione dei temi concreti, nel momento in cui viene meno la comunanza con chi ti ha chiamato a rivestire un certo ruolo. Personalmente, come antidoto al veleno dell'isolamento, che ti fa appunto perdere il contatto con il mondo, avevo un ricordo divertito di come mio zio Séverin polemizzasse nel dopoguerra con Vittorino Bondaz, suo avversario nella politica valdostana, accusato di interpretare la Presidenza della Regione come se stesse chiuso in una "turris eburnea" (torre d'avorio), avulsa dalla società e dai problemi del popolo valdostano. Séverin conosceva palmo a palmo la Valle e le questioni da affrontare e lo faceva senza snobismo, ma senza neppure il suo contrario - com'è poi avvenuto nel tempi successivi - e cioè un ruolo istituzionale reso "popolaresco" in una logica populistica da cantina e da pacche sulle spalle, ammorbata in più dai terribili veleni del clientelismo. La logica, in questo caso, è di trasformare i diritti del cittadino nei piaceri concessi ad un suddito. Ci riflettevo pensando ai famosi "Forconi", che raccolgono fra i miei amici dissensi e consensi. Personalmente credo che certe simpatie derivino da uno stato di disagio e di arrabbiatura, che è un fatto oggettivo e comprensibile. Le cose vanno male e ogni valvola di sfogo sembra una soluzione. Giorni fa, in Consiglio regionale, il sanguigno consigliere dell'Union Valdôtaine Progressiste, Vincent Grosjean, aveva ipotizzato, prima che riesplodessero i "Forconi all'italiana", un movimento di "Forconi" autoctoni come ribellione al malgoverno locale. Credo che abbia ragioni da vendere e che il Governo Rollandin abbia esaurito quello che gli americani chiamano il periodo di "honeymoon", cioè il periodo di "luna di miele", che l'opinione pubblica consente agli eletti e alle maggioranze di governo nel post elezioni. Idem in Italia dove, al già innaturale Governo Letta delle larghe intese, è succeduto un di fatto "Letta bis" egualmente incomprensibile in un periodo di crisi, che rende difficile una logica di governo con il bilancino. Ma, quando guardo i leader dei "Forconi", resto stranito: da Danilo Calvani, contadino di Pontinia, in provincia di Latina a Lucio Chiavegato, indipendentista veneto contro "Equitalia", passando per Augusto Zaccardelli, camionista già ultrà della Lazio. Un mio amico, con cui discutevo del fenomeno dei "Forconi", così mi ha scritto con un sms: «Abbiamo fascisti, grillini, Grillo, Berlusconi, gente che vuole bruciare i libri, la Santanché, rincoglioniti generici, quelli dello "Zoo" di 105, Fabrizio Bracconieri il "rosso" di Forum, Flavia Vento, Fausto Leali. Credo di averli detti tutti». Penso che, accanto a questi e con la curiosità di scoprire chi ordini e paghi i manifesti e volantini (il "fil rouge" più interessante!), ci sia anche un "popolo" di persone in buona fede, che si è messo a rimorchio degli organizzatori, il cui disegno distruttivo è chiaro, lo è meno il passaggio dalla protesta alla proposta, cioè l'indispensabile parte costruttiva, che non può mai fondarsi su forme di violenza. Insomma: sono uno spettatore scettico degli avvenimenti in Italia, ma certe patologie e storture, pur da affrontare con cure ben diverse (e in Valle d'Aosta il progetto alternativo c'è), ci sono davvero.