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28 nov 2013

La qualità al singolare

di Luciano Caveri

Il termine "qualità" si è modificato nel tempo. Una volta, quando si usava la parola, era prevalentemente legata alle doti di una persona, appunto le sue qualità, declinate al plurale. Era, nelle società del passato, un termine interessante, perché in una dimensione più umana certe forme di controllo sociale potevano permettere di avere meno farabutti o "furbetti" in giro. Oggi constato, senza fare il moralista o il barbottone, che non sempre le buone qualità pagano e anzi spesso sono comportamenti sbagliati o abnormi a creare interesse e a costruire fenomeni mediatici. Genere: fenomeni da baraccone o personaggi negativi che affascinano. Intanto, eredità o - se preferite - cascame della rivoluzione industriale, usiamo ormai la parola "qualità" in altro modo, quasi solamente riferendoci ai prodotti e servizi e ai diversi sistemi, sempre più complessi, nati per determinare criteri che accertino il grado di qualità. Sono dell'idea che questa storia della qualità, senza farne un verbo infallibile, resti uno dei capisaldi per il futuro della Valle d'Aosta in ogni settore. E' una sorta di precondizione, che deve condizionare la politica. Lo è per la nostra vita quotidiana nel rapporto con le Pubbliche amministrazioni, da cui bisogna pretendere livelli elevati di servizi a cittadini, famiglie e comunità. Noto da questo punto di vista il rischio che il diminuire delle risorse finanziarie a disposizione offra il destro per creare un alibi buono per tutte le occasioni. Quando, invece, in molti settori, si tratta di rimettersi in linea con situazioni esterne. Non sono un fautore dei "costi standard", so che le cifre vanno corrette per i costi suppletivi che gravano sulle zone montane, ma qualche buco nella cintura non significa che i pantaloni debbano cadere per terra. La qualità è poi decisiva come molla per la nostra economia. Pensiamo al turismo e alla richiesta di livelli sempre più elevati di accoglienza o ai prodotti della nostra agricoltura, che vincono solo con la carta della qualità e delle tipicità, altrimenti è impossibile restare sul mercato. Chi da anni vive di esportazioni, come alcune aziende leader, - e la prima è la "Cogne" nella siderurgia, ma ci sono anche parecchie PMI - sa che ormai per fornire prodotti non si scherza e chi sbaglia esce fuori e sparisce, senza alcuna pietà. A questa linea direttrice non si sfugge, in un mondo che si è fatto sempre più complicato e concorrenziale, ma anche - con la rete informativa diffusa, capillare e personalizzata - più piccolo e invadente. Basta poco a intaccare il proprio patrimonio di credibilità: nella lotta per la qualità chi si ferma è perduto e ritrovarsi in gara - in un mondo in cui la competitività incombe - è più che mai complicato.