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28 nov 2013

Se il coccodrillo "chiagne e fotte"

di Luciano Caveri

Risale ad epoca medioevale - ed è scientificamente infondato - quel modo di dire che, ancora oggi, adoperiamo e che suona più o meno come: «versare lacrime di coccodrillo». Esisteva il mito di un pentimento, che pareva potesse causare commozione nel lucertolone, mentre oggi sappiamo bene che certe lacrimazioni sono dovute solo alla fisiologia del grande rettile. Ma "lacrime di coccodrillo" sono, invece, nell'espressione applicata a noi umani, il segno di un pentimento tardivo - e persino solo apparente - di chi si dispiace del male da lui stesso voluto. Ci pensavo rispetto agli eventi drammatici della Sardegna. Fatemi dire, anzitutto, di quanto legame ci sia fra la Valle d'Aosta e la Sardegna. Non solo per i secoli trascorsi sotto l'ala di "casa Savoia", ma anche perché siamo due Regioni autonome con Statuti ricchi di somiglianze. Esiste poi una "figura ponte": il sardista Emilio Lussu, relatore alla Costituente del nostro Statuto speciale con una foga e una capacità straordinarie, che evitarono il peggio in certi passaggi d'aula. Aggiungo, infine, che c'è in Valle una comunità sarda che, perfettamente integrata, mantiene però rapporti con la terra di origine della propria famiglia. La Sardegna è stata investita da una tempesta di quelle cui ci dobbiamo abituarci perché, per quanto già manifestatesi in passato, sembrano avere ormai assunto un carattere di sempre più maligno, accentuato appunto dalle bizzarrie dei cambiamenti climatici in corso. Di fronte a questi fatti, ci sono almeno due "pianti da coccodrillo". Il primo: la modellistica italiana per le previsioni del tempo resta scarsa e inefficace per avere previsioni davvero precise in località circoscritte. Il secondo: ormai è notissima la fragilità del territorio e la necessità di interventi di prevenzione dei rischi di vario genere. Eppure si cincischia. Per il settore meteo per l'ancora prevalente ruolo dell'Aeronautica Militare e l'assenza di un coordinamento fra i diversi soggetti, specie le Regioni cui spetterebbero le previsioni più di dettaglio per dare degli allerta meteo che non siano come quelli attuali, che sono sparati da Roma come i pallettoni a rosa di una lupara. Troppi allarmi, nessun allarme, come il famoso «al lupo, al lupo» della favoletta di Esopo, che si conclude difatti con i lupi che fanno strage di pecore e agnelli. Per i rischi idrogeologici siamo ormai di fronte, almeno nelle zone virtuose di cui facciamo parte, ad una mappatura esatta. Ma conoscere le situazioni non basta: bisogna avere - e in questo la Valle d'Aosta è stata un modello - monitoraggi e studi specifici per opere davvero realizzate che prevengano i disastri e anche norme di comportamento in caso di emergenze. Ma ci vogliono per far tutto questo soldi veri e lavori finiti e non lacrime più o meno amare, altrimenti le autorità pubbliche agiscono nella logica del vecchio e sprezzante detto napoletano «Chiagne e fotte», che tradotto in italiano significa: «Piange e intanto imbroglia tutti». Noi valdostani riuscimmo a tirarci fuori dall'alluvione del 2000 grazie a finanze regionali floride, ma oggi - fra tagli e "Patto di stabilità" - non potremmo più farlo. Ci troveremmo così a pietire e ad aspettare, com'è per altro già avvenuto con l'inutile attesa per quei fondi statali promessi allora, per contrastare proprio i rischi idrogeologici, e mai visti. Intanto, amici sardi: Forza Paris!