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23 lug 2013

Capisco e non capisco

di Luciano Caveri

Verrebbe voglia di utilizzare un linguaggio serio e paludato per dare il senso estremo di questi tempi, in cui bisogna scegliere come schierarsi, senza infilare la testa sotto la sabbia, così come parrebbe fare - ma è una leggenda - il povero struzzo. Ma se lo struzzo non c'entra, esistono pur sempre persone che giocano con opportunismo e doppiezza. Sono come i "tappi di sughero" (o altra materia organica, meno nobile), che stanno a galla per navigare, malgrado le tempeste in atto, in una logica di sopravvivenza, che spesso appare umana e patetica assieme. La dignità è per molti una moneta rara. Resta il fatto che ci sono dei momenti in cui appare difficile, anche per un inguaribile ottimista, trovare qualche elemento su cui costruire un minimo di fiducia per il futuro, specie in una situazione complessa e difficile come l'attuale. Sarà - come elemento cardine dello scoramento - che io ci capisco poco di politica, specie di una situazione italiana diventata inafferrabile. Stimo il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ed il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, perché so che sono persone serie e prudenti. Ma confesso che mi sfugge come possano condividere, in nome della governabilità come valore supremo, la politica sistematica del rinvio delle soluzioni dei problemi da risolvere e il continuo annacquamento delle vicende più delicate, come quella tragicomica del Kazakistan. Ogni tanto sembra di rivivere la conversazione, all'inizio dei "Promessi sposi", quando per evitare un possibile conflitto tra l'Ordine francescano e la nobiltà lombarda, viene disposto il trasferimento di Frà Cristoforo a Rimini come predicatore, e sul punto c'è il noto dialogo fra il Conte zio e il Padre provinciale. Una prima frase nota e che mi è già capitato di adoperare: «Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire». L'altro passaggio, meno usato, ma che pare un ritratto, dice: «Un parlare ambiguo, un tacere significativo, un restare a mezzo, uno stringer d'occhi ...». Sarà che nella politica valdostana sono comportamenti - ahimè! - ben noti e mentre leggo la frase mi figuro le scene, ma a Roma sono maestri di certe tattiche e dissimulazioni. Anzi, certi comportamenti sono diventati una regola e la politica degli annunci e dei rinvii, come un brodo di coltura, alimenta l'antipolitica. Nell'Italia dei paradossi questo vuol dire soprattutto l'antiparlamentarismo, che può sfociare nell'"uomo forte", liquidatore della democrazia. Con buona pace di tutti quelli che, di questi tempi, intasano l'autunno prossimo venturo di decisioni importanti.