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25 mag 2013

Fra mestiere e dibattito

di Luciano Caveri

«Ofelè fà il to mestè». In milanese: «Pasticciere fai il tuo mestiere». E' un modo di dire scherzoso che indica come ognuno dovrebbe occuparsi o parlare di argomenti che conosce. Ogni tanto capita, nel dibattito parallelo per le elezioni regionali, di sentire delle bestialità tali su certi argomenti che creano sconcerto e mostrano scarsissime conoscenze di certi dossier. E verrebbe voglia di far scattare la frase iniziale. Esiste, per così dire, il rischio che il "cazzeggio da bar" - che è un'arte povera da preservare - si trasferisca nel mondo politico, dove sarebbe preferibile sapere di che cosa si parla e limitare i voli pindarici. Ci pensavo con un rimpianto, segnalando appunto come il confronto sia parallelo e mai tangente: le norme barbariche della "par condicio" e la morte di fatto delle televisioni private hanno fatto ormai morire in Valle d'Aosta ogni velleità, nel sistema radiotelevisivo, di avere dibattiti veri e propri con confronti che consentano al telespettatore di valutare il peso delle proposte e dei candidati. Esiste qualche rara meritoria iniziativa sul Web, tipo bobine.tv, ma sappiamo che per ora e per la gran parte della popolazione il mezzo privilegiato resta la televisione generalista trasmessa in digitale terrestre. E in quella manca, per le ragioni già dette, quel "sangue e arena" che sarebbe un bel respiro alla campagna elettorale. Uno può fare lo snob come il sociologo Jean Baudriallard, che diceva, con sagacia:«La gloire auprès du peuple, voilà à quoi il faut aspirer. Rien ne vaudra jamais le regard éperdu de la charcutière qui vous a vu à la télévision». E tuttavia, con il rispetto di tutti gli altri media, la Televisione (uso la maiuscola per enfatizzare), è insostituibile e relega, in sua assenza, il dibattito a quei mondi chiusi e in gran parte autoreferenziali che sono i comizi. Intendiamoci: una cosa non escluderebbe l'altra e il vantaggio della televisione starebbe nello stanare, nelle loro case, quella larga maggioranza che mai e poi mai - per un mare di ragioni - parteciperebbe a un incontro politico. Ed è un peccato, che crea situazioni bizzarre di ignoranza e di catatonia di una parte di opinione pubblica, in barba ad ogni speranza che al suffragio universale dovesse sempre coincidere un cittadino avvertito e attento alla politica.