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03 mag 2013

La bestia nera

di Luciano Caveri

E' un modo di dire molto noto: "essere la bestia nera di qualcuno" significa "essere una persona che ossessiona sino all'odio". Viene dalla frase in francese "c'est ma bête noire (è il mio incubo, è la cosa o la persona che più detesto)". Che poi - se si fa una ricerchina - "bestia" e "nera" hanno origini e significati di tipo sessuale e sappiamo quanto certi riferimenti rozzi imbevano le lingue. Non si può non constatare come questo ruolo di "bestia nera", per una parte di competitori in queste elezioni, sia diventato l'Union Valdôtaine Progressiste. E' il caso del comizio di apertura dell'Union Valdôtaine, dove si è parlato più di UVP che di proposte e programmi propri. Una situazione degna di essere oggetto di studi di psicoanalisi alla scoperta di chissà quali complessi o imbevuta di quei meccanismi di psicologia delle folle, che mostrano come la scelta del nemico e la sue demonizzazione servano a caricare le masse e a nascondere i propri guai. Gustave Le Bon, iniziatore nell'800 degli studi su questo argomento, scrisse non a caso e con preveggenza verso le dittature del secolo successivo: "On domine plus facilement les peuples en excitant leurs passions qu'en s'occupant de leurs intérêts". O questo passaggio micidiale: "On rencontre beaucoup d'hommes parlant de libertés, mais on en voit très peu dont la vie n'ait pas été principalement consacrée à se forger des chaînes". Penso che questa ricerca della "bestia nera" sia un fenomeno da osservare con attenzione, ma senza troppo farsi coinvolgere in questo gioco - non cadendo nella spirale delle repliche - e dalla logica, sottesa e senza fine, "amico-nemico". Semmai vanno messe sul tavolo e discusse le idee, le proposte, le alleanze, la qualità delle persone più che impegnarsi in quella guerra, che può essere la politica se portata sul terreno dell'odio, è bene interrogarsi sulle prospettive future della Valle d'Aosta in una comparazione che consenta alla fine ai cittadini di poter scegliere. E' più facile, ma penso alla fine poco redditizio, spostare il confronto, che può essere animato e duro, sul terreno - che è altra cosa - paludoso e mefitico dell'insulto e della cattiveria.