Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
20 apr 2013

Impasse

di Luciano Caveri

Stamattina il silenzio sarebbe, come non mai, d'oro. Basterebbe aspettare qualche ora per dire qualcosa di più fondato sull'avvio del voto per il nuovo Presidente della Repubblica, clima che ho vissuto - come ho già ricordato qui - per tre volte nell'aula a me familiare di quell'emiciclo di Montecitorio che diventa pieno all'inverosimile in questo passaggio costituzionale. Ed invece la vigilia è stata piena di interesse e con i "social media" in ebollizione in questa immatura forma di partecipazione che resta il Web. Beppe Grillo, da vero istrione e forte del fatto che la bizzarria fa più notizia della normalità, ha riempito la scena con le due candidature di bandiera, la giornalista Milena Gabanelli (che ha rifiutato dopo un gran cogitare) e il medico Gino Strada (che penso abbia fiutato la strumentalizzazione) e poi con il lancio nella corsa di un consenziente Stefano Rodotà, con cui ho condiviso molti momenti alla Camera e di cui non posso che dire belle cose per lo spessore e l'acume. Per il resto i nomi erano i soliti e oggettivamente accomunati da una veneranda età: Romano Prodi, Sergio Mattarella, Massimo D'Alema, Giuliano Amato (li scrivo in ordine di mia personalissima preferenza su questa rosa). Poi Partito Democratico e Popolo della Libertà sembravano essere riusciti a convergere su Franco Marini, abruzzese e alpino, già leader della "Cisl", che mi pare un cattivo compromesso e mi auguro che lui stesso si ritiri per non cader vittima di condivisibili "franchi tiratori" che lo affosserebbero come un sol uomo. Sbaglierò ma penso che, con questi veti incrociati, bisognerà fare i conti e tirar fuori nomi che "volino alto" e diano il senso di serietà che i tempi richiedono e senza il giochino ozioso del vecchio e del nuovo, perché contano stoffa e esperienza. Altrimenti giochiamo alla "roulette russa" e non ad una designazione utile e necessaria in frangenti assai delicati per la già boccheggiante democrazia italiana. Questo passaggio da "forche caudine", che ha rotto al proprio interno coalizioni e partiti, si sarebbe potuto evitare con logiche di mediazione, visto che la circostanza del voto per il Capo dello Stato era un passaggio stranoto da molto tempo. Ma l'impasse chiarisce, se mai ce ne fosse stato bisogno, lo stato di difficoltà in cui versa la povera democrazia italiana e la dolente Repubblica. Ci sarà quest'oggi un colpo di reni?