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18 apr 2013

Ricordi dei Presidenti

di Luciano Caveri

In questa deriva della politica italiana che preoccupa non poco, chissà se - come un raggio di sole in una giornata tetra - fra una settimana avremo un nuovo Presidente della Repubblica. Lo dico facendo una macumba, perché leggo anche nomi che non mi piacciono, mentre tutti sappiamo bene quanto sarebbe importante avere una persona degna e saggia. Un antidoto vero e proprio contro i troppi veleni di una Repubblica che rischia grosso. Avendo partecipato all'elezione degli ultimi tre Capi dello Stato, due volte da deputato e una da "grande elettore" della Valle, so quanto sia difficile non solo fare previsioni sulla persona che sarà prescelta, ma anche sui tempi di elezione. Il primo Presidente che ho conosciuto dal vivo e incontrato molte volte fu Francesco Cossiga, eletto nel 1985, e che restò al Quirinale negli anni in cui iniziai a familiarizzare con Montecitorio. Come tutti i bipolari alternava stati up con stati down, per cui gli incontri con lui potevano essere lunghi e pieni di discorsi oppure essenziali e con poche parole. Il successivo fu Oscar Luigi Scalfaro nel 1992, che conoscevo già bene e con il quale, lungo tutto il settennato e anche dopo, ci furono sempre rapporti molto cordiali. Da novarese parlava del «nostro Monte Rosa» e amava il dietro le quinte della Camera, che io ben conoscevo. Fu poi la volta - e lo votai volentieri - di Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. con lui avevo trattato il fondo compensativo per le nostre finanze regionali per la caduta delle barriere doganali che si esaurirà del tutto nel 2017. E infine un amico, Giorgio Napolitano, eletto - con mio grande piacere - nel 2006 e con il quale ho vissuto a Roma e a Bruxelles momenti di amicizia e non solo di colleganza. Quattro personalità molto diverse, ma assai corrette nei rapporti con la Valle d'Aosta e la sua autonomia speciale. Cementare certe conoscenze è un dovere per chi sia il rappresentante della Valle d'Aosta a Roma per rendere più efficace la propria azione in termini istituzionali, mai rifacendosi solo ad una frustrante logica proporzionalistica che ci ridurrebbe a poca cosa, ma avendo la consapevolezza di essere rappresentanti di un popolo, per quanto piccolo. Spero che, come dicevo all'inizio, emerga un grande Presidente. Per questo concludo ricordando un brano del discorso dello straordinario Luigi Einaudi, all'atto del suo insediamento da Capo dello Stato il 12 maggio del 1948: «Nelle vostre discussioni, signori del Parlamento, è la vita vera, la vita medesima delle istituzioni che noi ci siamo liberamente date; e se v'ha una ragione di rimpianto nel separarmi, per vostra volontà, da voi è questa: di non poter partecipare più ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non potere più sentire la gioia, una delle più pure che cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui a confessare a se stessi di avere, in tutto od in parte, torto e ad accedere, facendola propria, alla opinione di uomini più saggi di noi". Saper cambiare idea di fronte a tesi intelligenti: altro che l'ostinazione delle mezzecalzette servili! Questo è un esempio e un modello di cosa voglia dire essere degni del Quirinale e di cariche importanti.