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06 mar 2013

Quel TIR nella notte

di Luciano Caveri

Quando leggo delle notizie di cronaca nera, mi verrebbe voglia di aver tempo di scavarci dentro, senza rozze logiche di voyeurismo delle tragedie altrui tipiche di certa stampa e di certa televisione. Esistono, semmai, in molte vicende di questo genere contenuti umani degni di un feuilleton, che andrebbero evocati in un approccio serio e partecipato come esemplari della società in cui viviamo. Ci pensavo a proposito di sabato sera quando, senza immaginare la tragicità dell'epilogo, ho telefonato alla mamma di una compagna di classe di mia figlia Eugénie, che stava rientrando da Aosta con le due ragazze che avevano partecipato ad una festa di classe. Non mi rispondeva e suonava a vuoto anche il telefono di mia figlia. Dopo pochi minuti, la madre mi ha richiamato ed era allarmata: erano incappati in un camion che zigzagava sull'autostrada ed erano riusciti a superarlo, dopo che altre macchine avevano rischiato di essere schiacciate contro il guard-rail in fase di sorpasso e questo solo perché il "Tir pericoloso" aveva accostato prima della gallerie di Châtillon. Sull'episodio la donna aveva allertato per telefono le forze dell'ordine e stava riaccompagnando mia figlia a casa. Brutta storia, avevo commentato. Poi l'indomani ho letto la notizia: il camionista era ripartito dalla sosta e aveva proseguito per qualche chilometro, poi - se ho ben capito, in pigiama, - era caduto o si era buttato dall'abitacolo sulla strada, mentre il camion proseguiva la sua corsa senza guida sin oltre le gallerie di Montjovet, e l'uomo steso sull’asfalto era stato prima scartato da un'auto in transito e poi ucciso perché ineluttabilmente investito da un pullman. Il camionista 38enne, morto sul colpo, era di origine romena e lavorava per una ditta milanese. Aveva caricato della merce in Francia e stava rientrando per consegnare il camion. Dietro di lui - al là dei dubbi che potesse essere ubriaco che penso saranno chiariti dall'odierna autopsia - un fenomeno ben noto di stress, conseguenza della liberalizzazione, troppo spesso selvaggia, dell'autotrasporto e il rischio che, malgrado i molti accorgimenti - come il cronotachigrafo elettronico che serve a verificare le ore di guida ed il rispetto delle soste obbligatorie - il lavoro diventi impossibile e la concorrenza fra lavoratori e società apra a personale non sempre qualificato e ad imprese talvolta non rispettose dei criteri di sicurezza. E non sono considerazioni a vanvera, ma tesi avanzate contro gli eccessi della concorrenza dalle più serie delle associazioni degli autotrasportatori. Non mi riferisco dunque al caso specifico, non avendo elementi in più (e spetta alla Magistratura illuminarci sugli esiti dell'inchiesta), ma partendo proprio da questo caso si potrebbe raccogliere un dossier interessante che mostrerebbe un "dietro le quinte" davvero preoccupante anche per le nostre strade e i nostri trafori che sono corridoio di transito e anello importante della Rete Transeuropea dei trasporti su gomma. E la sicurezza, per evitare deregulation inquietanti, è tema da tenere in grande considerazione.