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27 feb 2013

Lavoro, lavoro, lavoro

di Luciano Caveri

Le campagne elettorali sono salutari per chi faccia politica. Un "giro della Valle" - ma penso valga ovunque sia sopravvissuta una forma di contatto di prossimità con l'elettore, altrove sterilizzata da "mamma televisione" - consente infatti di tastare meglio che in altre circostanze problemi e umori. Il rischio per chiunque abbia incarichi pubblici è quello di essere chiuso nella sua "turris eburnea" e di avere magari su determinati temi un'immagine falsata. Hanno un bel da dire quelli che mitizzano i dati e le ricerche sociologiche, ma le storie di vita vissuta sono qualche cosa di più illuminante di mille tabelle o responsi. Ero partito già con la convinzione che, fra i mille problemi, quello del lavoro fosse l'argomento principale e purtroppo in una declinazione buona per tutti: dalla disoccupazione giovanile e femminile alla difficoltà per i senior di trovare lavoro se perduto in tarda età. Il dialogo sera dopo sera - perché per fortuna non sono stati "comizi silenti" ma partecipati con domande e proposte - conferma la diagnosi: il lavoro, atteso, perduto, cercato resta al centro dell'attenzione in questo periodo di crisi economica, che crea un effetto domino sull'economia, e dunque sull'occupazione nei diversi settori, ed innesca a una situazione di preoccupazione generalizzata, sapendo che già rispetto al passato le più varie forme contrattuali innescano fenomeni di precariato più o meno gravi. Bastano poi "effetti annuncio", come quelli sul futuro delle Comunità montane reso dal presidente Augusto Rollandin, per far sprofondare delle persone in una situazione di angoscia o la notizia di fonte sindacale, davvero inaspettata, di "tagli" agli stipendi nel settore degli impianti a fune per alimentare preoccupazioni. Il lavoro: ne scrivo oggi anche per un elemento ulteriore, che finisce per essere esemplificativo. Il 22 febbraio di trentatré anni fa entrai alla "Rai", dove, in verità, ho avuto un lungo periodo di aspettativa politica. Ma quel che conta è che la data mi è rimasta in mente mica per caso, ma perché educato all'etica del lavoro e sul lavoro ho impostato la mia vita. Non si può immaginare nessuna progettualità e impostazione della propria esistenza senza un minimo di certezza. E' vero che ci vuole oggi maggior flessibilità nel passare da un lavoro all'altro nel privato e che il mito del lavoro pubblico è infranto dalle regole draconiane che limiteranno sempre più il "gonfiarsi" del comparto, ma questo non cambia il dato di fondo: assicurare il lavoro come diritto costituzionale e contro la tentazione, purtroppo ancora vivente in barba alle leggi, di "assunzioni amiche" e di concorsi di cui si conosce l'esito.