Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
29 dic 2012

Sereno nella scelta difficile

di Luciano Caveri

"The day after" è la vigilia di Natale e del mio compleanno. Da ieri sera «il dado è tratto» e mi ritrovo sicuro della decisione assunta - lasciare l'Union Valdôtaine - ma con uno stato d'animo addolorato di chi ha dovuto compiere un gesto che mai avrebbe voluto fare. Ho sempre respirato aria e Union nella mia famiglia che dalla fondazione della "Jeune Vallée d'Aoste" nel 1927 alla nascita - direi conseguente nel 1945 -dell'Union Valdôtaine, specie ma non solo con quella straordinaria personalità che è stato mio zio Séverin, ha dato un contributo importante alla "causa valdostana". Io stesso spero di averlo fatto in venticinque anni di carriera politica di cui devo essere grato al Mouvement ed agli elettori. Questo legame affettivo e politico ha reso la scelta di lasciare l'Union difficile e a lungo ragionata, ma oggi sono sereno. Ormai lavorare da dentro per cambiare e correggere la gestione verticistica e personalista del presidente Augusto Rollandin era diventato impossibile e il Movimento è in via di mutazione da tempo e ormai si caratterizza come un partito personalista manovrato da Palazzo e dove sono ormai venute meno regole di civile convivenza di quelle anime diverse che devono stare assieme in un partito "di raccolta", come i politologi definiscono movimenti autonomistici di questo genere, dove i tratti identitari e territoriali agiscono come un collante. So bene che nelle prossime settimane e forse sin da oggi la parola più gentile per il gruppo di "fuoriusciti", che non rinnoveranno la tessera del partito, sarà «traditori». Ieri il vecchio Senatore César Dujany, che nel 1970 fuoriuscì a sinistra dalla Democrazia Cristiana fondando un movimento autonomista (i Democratici Popolari) e che è stato con me in Parlamento, ha raccontato all'assemblea di Fénis il suo travaglio dell'epoca, dicendoci di avere coraggio nella nostra scelta. Da qui in poi la cosiddetta "contraerea" non avrà pietà di noi e delle nostre storie politiche e personali. Ma io non ho nulla da temere: i miei figli possono guardare in faccia il loro papà senza il timore di dovere vergognarsi per il suo comportamento in politica per chissà quale malaffare. Da gennaio in Consiglio Valle e nella comunità ci sarà l'occasione per spiegare le ragioni e le motivazioni, guardando avanti e mai indietro. Non si tratta di chiedere rispetto, perché la politica ha suoi meccanismi che si accettano quando si entra in gioco, ma di pretendere la serietà delle questioni poste che non sono capricci personali o frutto di ambizioni personali o di chissà quali risibili frustrazioni, ma temi seri che riguardano il futuro della comunità valdostana che non possono diventare una caricatura per chi questi argomenti non li vuole affrontare. Per questo "il giorno dopo" sono tranquillo soprattutto con la mia coscienza, benché - come dicevo all'inizio - addolorato dopo tanti anni e tante energie spese nell'UV. Il cammino che mi trovo di fronte è uno spazio di libertà da riempire e un giorno verrà in cui anche quest'ultima diaspora unionista (sono usciti ormai dall'Union quattro presidenti della Regione unionisti degli ultimi quarant'anni, tranne... il quinto) verrà ricomposta in una riunificazione. Ringrazio tutti quelli che, in vario modo, si sono manifestati in questo passaggio per nulla banale della mia vita.