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01 nov 2012

Una sentenza su cui riflettere

di Luciano Caveri

Ha molto fatto discutere nei giorni scorsi l'esito del processo nei confronti dei sette esperti che, sei giorni prima del terremoto che colpì l'Abruzzo nel 2009, valutarono come "basso" il pericolo di un terremoto in quel momento, poi drammaticamente smentiti dagli eventi, che ho avuto modo di vedere con i miei occhi quando visitai L'Aquila e i paesi vicini. Gli scienziati sono stati dichiarati colpevoli della morte di ventinove persone e del ferimento di quattro. Tutto deriverebbe, perché questa era la chiave di volta della tesi dell'accusa, dalla sottovalutazione del pericolo da parte della "Commissione grandi rischi", di cui i condannati erano membri autorevoli e la lettura del verbale "incriminato" è assai interessante. I molti che hanno reagito alla decisione della magistratura hanno ricordato come nessuno sia in grado oggi di prevedere i terremoti e dunque ci sarebbe una componente antiscientifica nella condanna del giudice. Ma, attenzione, proprio perché i terremoti non si possono prevedere, non si può neanche di conseguenza rassicurare la popolazione che non ci siano rischi, come era stato fatto allora per reagire in particolare a tal Giampaolo Giuliani che ancora oggi vanta - controllando il livello di gas radon - di poter prevedere i terremoti, ma non è in grado di dimostrarlo, come detto da tutta la comunità scientifica internazionale. Dovrebbe essere questo il punto principale (le motivazioni usciranno in seguito e andranno lette bene), cioè in sostanza di aver fornito agli abruzzesi "informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie" sulla pericolosità delle scosse registrate nei sei mesi precedenti al terremoto, anche se questo - va ricordato - avvenne per placare le preoccupazioni crescenti di una popolazione in parte aizzata dalle infondate previsioni catastrofiche del Giuliani (che per altro - e non poteva essere altrimenti - sbagliò la data del sisma). Sin qui ho provato a ricostruire gli avvenimenti. Fatemi aggiungere che le scelte dei giudici, forse discutibili nella loro severità e nell'impostazione data, aprono una discussione mica da ridere su previsioni scientifiche e informazioni da fornire alla popolazione. Lo dico pensando alla situazione di una Regione montana come la nostra che per note ragioni territoriali, accentuate ormai dai cambiamenti climatici in atto, è un concentrato oggettivo di pericoli di vario genere. L'informazione preventiva - lo dico per le responsabilità che ho avuto in materia di "Protezione civile" perché da noi il vertice della piramide è senza dubbio il presidente della Regione - passerà sempre attraverso le competenze tecniche che nessun politico può avere in materie delicate come frane, inondazioni e valanghe. Penso, ad esempio, a come siano decisive in certi frangenti le previsioni del tempo e come la minaccia di una responsabilità penale possa teoricamente portare ad allarmismi inutili considerabili più agevoli da reggere in giudizio rispetto ai timori di sottovalutazioni perseguibili. Insomma: bisogna avere regole più certe, altrimenti tutta una macchina previsionale, preziosa per decidere con cognizione di causa, rischia di andare in tilt.