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20 ago 2012

Aspettando Ferragosto

di Luciano Caveri

Siamo stati in tanti al capezzale del turismo montano a chiederci, nel corso dell'ultimo ventennio, perché stesse diminuendo la capacità attrattiva delle nostre montagne, come meta di vacanza, nel corso dell'estate.  Si può dire che in termini materiali e immateriali l'offerta è stata ampliata e rafforzata. Abbiamo svolto sul punto studi, analisi, ricerche con esiti spesso interessanti e organici. Oltretutto c'è stata anche qualche recente riforma dell'organizzazione che non ha dato i risultati sperati. Il problema capitale del "chi fa che cosa" non è stato del tutto risolto. Poi il quadro attorno a noi si è fatto ancora più cupo con la crisi economica e finanziaria che, scendendo giù per li rami, ha impoverito e spaventato le famiglie che hanno dovuto tagliare quanto potesse essere considerato come superfluo. Questo rinculo della crisi, con un apice in questo agosto senza il "tutto esaurito" da noi come altrove (comprese spiagge e città d'arte), colpisce duro il settore turistico sia nelle attività dirette che nell'indotto. E ciò ripropone il dibattito in termini più drammatici e senza quel consueto lenitivo di dati forniti ex post che ogni volta in passato consentivano di dire che, a conti fatti, il peggio era stato evitato. E chiunque si occupasse di turismo si chiedeva alla fine se non ci fosse un mugugno intrinseco nel settore che portava con facilità al grido «al lupo,al lupo» e anche se i metodi di verifica del numero dei turisti fossero in fondo così vecchi da non restituire mai delle certezze. Trovo che in fondo certi argomenti siano scarsamente appassionanti: quel che conta è la constatazione di come l'aumento enorme dei flussi turistici nel mondo non abbiano in Valle d'Aosta portato a quegli incrementi del tasso d'occupazione delle strutture alberghiere et similia che tutti avremmo auspicato, recuperando anche l'estate. In primis se l'auguravano i privati che nel settore hanno investito e poi anche il settore pubblico - che in anni d'oro ha supportato molto il comparto - e  che si trova sempre, giusto o sbagliato che sia, sul banco degli imputati se il turismo non funziona. Io ho una mia convinzione cardine: è ora che i Paesi alpini - che poi sono le Regioni dell'attesa macroregione alpina - agiscano assieme con campagne rispetto ai cittadini europei e ai grandi mercati extraeuropei, come quello cinese e indiano. Una promozione potente e attrattiva sarebbe già un segno di impegno "dall'alto" assai utile.