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23 giu 2012

Il tiro al telecronista

di Luciano Caveri

Gli "Europei 2012" hanno due caratteristiche: l'interesse per le partite di calcio, accentuato ora dagli azzurri giunti ai quarti di finale, e l'esistenza di un rancore crescente verso alcuni telecronisti, che si è diffuso nei social network e nella chiacchiera da bar. Penso che quest'ultimo aspetto sia la prima volta che si manifesta in modo così clamoroso. Roba da "fatwa". "Tutto il calcio minuto per minuto" ha connotato la mia infanzia, visto che iniziò quando avevo un anno. I vecchi radiocronisti erano straordinari affabulatori che rendevano vivide le partite via etere. Quello che conobbi bene, per la sua amicizia con il capo redattore "Rai" di Aosta, Mario Pogliotti, fu Sandro Ciotti con la sua voce cavernosa accentuata dall'uso smodato delle sigarette. Naturalmente poi conosco Livio Forma, unico valdostano di "Tutto il calcio...", che ricorda sempre che riuscì a fare il commento della sua prima partita perché lo sostituii volentieri nella redazione aostana quel celebre giorno che fu l'incipit della sua brillante carriera. Certo è che da bambino non avevo mai visto uno stadio, eppure lo "sentivo", specie in quell'epoca di monopolio radiotelevisivo che aveva mille difetti, ma - smentendo l'idea che solo la concorrenza dà la sveglia - teneva alta la qualità. La televisione sopravvenne, senza scalzare la radio, con quel teatrino unico che fu "Novantesimo minuto", che apriva la via della popolarità a giornalisti delle sedi regionali (in questo caso chi ho conosciuto bene era Cesare Castellotti, volto torinese, che aveva lavorato un certo tempo alla nostra "Voix de la Vallée"), che diventavano veri e propri personaggi, ma le telecronache della Nazionale erano di pertinenza di una piccola élite di voci (raramente volti) e fra questi ho conosciuto il friulano Bruno Pizzul. Posso assicuravi che un tempo, quando non esistevano le scuole di giornalismo, c'era una logica di formazione che non riguardava solo lo sport ma la professione in generale. Non si trattava della gavetta quotidiana che era indispensabile, ma io stesso partecipai all'inizio degli anni Ottanta a Roma - nel centro ricreativo-sportivo della "Rai" - ad un corso per radiotelecronista con gente del mestiere che ci insegnava i trucchi del lavoro. Ricordo radiocronache simulate di avvenimenti inesistenti o le lezioni di dizione di quel personaggio che è l'attore Arnoldo Foà, cui piaceva il mio timbro di voce. Alcuni dei miei colleghi del corso oggi sono nello sport, come Riccardo Cucchi, Emanuele Dotto e Tonino Raffa. La conferma di una "buona scuola" sta nel fatto che grandi critiche su di loro non ne ho mai sentite.  Ogni tanto, ma è un gioco innocente, mi domando che cosa avrei fatto nel giornalismo se nel 1987 non mi fossi imbarcato nell'avventura della politica.