Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
03 giu 2012

La paura del terremoto

di Luciano Caveri

Ricordo distintamente di quando, da bambino, ho vissuto la paura del terremoto. Erano delle fughe improvvise, durante le vacanze estive, dalla casa del nonno di Castelvecchio di Imperia. Si finiva di corsa in giardino sotto gli alberi da frutta, con il nonno Emilio che diceva tranquillo e fiero: «la casa è costruita in cemento armato». Poi, nella socialità da "sfollati", qualcuno ricordava come la Riviera di Ponente - e Imperia in particolare - fosse la zona sismica più pericolosa del Nord Ovest. La data spauracchio era il 23 febbraio del 1887, quando un terremoto tremendo sconvolse quella parte della Liguria e la parte Sud del Piemonte. Credo che molti di voi abbiamo visitato quel paesino, Bussana Vecchia, diventato un "paese degli artisti", sui ruderi di quel che rimase dalle distruzioni di quel giorno. Se pensiamo alla nostra parte animale, di cui scrivevo ieri, penso che il terremoto scateni in noi qualcosa di terribilmente atavico: una paura seppellita in fondo a ciascuno di noi e arrivata dal passato della nostra umanità nella catena generazionale. Già di questi terremoti di oggi non capiamo un tubo - basta vedere gli esperti in televisione che sembrano più chiromanti che scienziati - e figurarsi quando in epoche remote arrivava questa roba che senza preavviso ti faceva tremare la terra sotto i piedi e ti tormentava per settimane dopo la prima botta. Purtroppo oggi come allora. Per questo ho sempre seguito con angoscia questa storia dei terremoti periodici che attraversano l'Italia, sciagura dopo sciagura, partendo dai racconti del ramo paterno della famiglia di come il nonno René, sottoprefetto di Palmi, si accorse dell'imminente maremoto del 1908 che distrusse Messina perché in spiaggia - dove faceva ginnastica ogni mattina - il mare si era ritirato. Nei ricordi miei ci sono le immagini del Belice in Sicilia nel 1968, il Friuli Venezia Giulia nel 1976, l'Irpinia nel 1980 e avanti di questo passo sino all'Abruzzo nel 2009 e al sisma di oggi che ha preso una brutta piega. Mostrando soprattutto che la mappa della pericolosità nella Penisola si è allargata e questo non è consolante. Anche in Valle la nuova classificazione del 2003 ha accentuato il rischio per Courmayeur, Pré-Saint-Didier e Valtournenche ("zona 3" su quattro), mentre gli altri Comuni sono in "zona 4", ora manca l'approvazione del disegno di legge relativo alla disciplina delle attività di vigilanza su opere e costruzioni in zone sismiche, già in discussione sin dal giugno di due anni fa in Consiglio Valle e più volte rimaneggiato, ormai necessario. Ci mancava solo questo maledetto terremoto: ogni volta il mio proverbiale ottimismo è agitato dai tanti fantasmi che incombono e dal Male, nelle sue diverse forme, che ammorba la nostra vita.