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01 giu 2012

La crisi della Lega

di Luciano Caveri

Non so se Lega sia finita o no, dopo aver avuto periodi in cui ha contato in Italia più della sua percentuale di voti e del numero dei suoi eletti in Parlamento.  Come "ago della bilancia", avrebbe in certe fasi potuto chiedere la luna, mentre ha preferito chiedere posti di Governo e sottogoverno. Poi ci sono stati i disastri recenti di metodo e di merito. Si può dire che "se la sono cercata" ed hanno pagato una classe dirigente nel complesso mediocre.  Difficile dire se Roberto Maroni riuscirà nell'impresa di ripartire e se i militanti e soprattutto gli elettori crederanno in una sua "diversità" rispetto al resto dell'establishment leghista. Chissà che per rafforzare il suo ruolo non debba montare, come in parte è già avvenuto, una sorta di doloroso "processo di Norinberga" tutto politico in cui finiscano sul banco degli imputati Umberto Bossi, i suoi familiari e quel che resta del "cerchio magico". In Valle, dopo un momento di tregua iniziale voluta da Bossi che non voleva fare un torto postumo all'unionista Bruno Salvadori, "scopritore" del capo dei lumbard,  la Lega sbarcò in Valle, ottenendo il culmine del successo nel 1993 quando ebbe tre consiglieri regionali. Ma fu un fuoco di paglia e mai riuscì a "sfondare", essendo lo spazio politico autonomista già presidiato. In un contesto di ritorno del centralismo e di disaggregazione delle forze politiche esistenti, spiace che un partito territoriale del Nord non sia mai nato davvero e sia sempre rimasto un partito personalista, con un solo leader al comando e una simbolistica celtica e "padanista" degna del Carnevale a dispetto di qualche esponente serio e di numerosi sindaci e amministratori operosi nei loro territori. Personalmente li ho non solo conosciuti dagli esordi parlamentari del 1987, intrecciando amicizie e seguendo da vicino l'evoluzione del fenomeno, ma ho immaginato in molti passaggi che la Lega potesse essere interprete della grande fiducia dei tanti elettori speranzosi. Ora va seguito questo nuovo passaggio, ma o guarderanno davvero al federalismo, oggi destinato ad un'eclisse nel dibattito politico anche a causa del fallimento dell'azione leghista sul punto, oppure spariranno dalla scena. I partiti non sono eterni e questo è la storia ad insegnarcelo ed è bene che sia ben chiaro a tutti.