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03 mag 2012

Sparare nel mucchio

di Luciano Caveri

"Mettere alla berlina" è un'espressione antica e temibile, così riassumibile da definizione da vocabolario: "Pena infamante, usata soprattutto nel medioevo, consistente nel portare il condannato in luogo esposto al pubblico". Lo si faceva prevalentemente con l'uso di uno strumento barbarico: la gogna. Nell'evoluzione dei tempi questo aggeggio meccanico è servito per una nuova definizione, quella di "gogna mediatica". Non è più la piazza il luogo della condanna, ma sono i giornali e i nuovi media - compreso l'implacabile tam tam di Internet - ad esporti alla pubblica disapprovazione. Per questo esiste il meccanismo del comunicato stampa da parte delle Forze dell'ordine che, ancora prima che la giustizia faccia il suo corso, annunciano il frutto del proprio lavoro, imponendo una prima sanzione immateriale a chi compia dei reati.  Potremmo discutere se sia giusto o sbagliato, ma che questo serva in qualche maniera ad essere una gogna che funga da ammonimento è indubitabile. E' di ieri un esempio. La Guardia di Finanza "scova" a La Thuile un bar additato come gravissimo evasore fiscale: l'accertamento dimostrerebbe che battevano gli scontrini fiscali ma omettevano la conseguente dichiarazione dei redditi. Come già altre volte, si tace però il nome del soggetto (pur aggettivato come "noto"), invocando la privacy, anche se in altre notizie di cronaca viene dato senza problemi. Questa logica dell'anonimato crea un effetto negativo, perché emerge il rischio di "sparare nel mucchio": a finire sulla gogna mediatica in fondo non è un bar di la Thuile ma sono tutti i bar di La Thuile. Come giornalista, in assenza di certezza sulla reale identità di chi è stato oggetto della verifica - finita su tutti i media nazionali con la sua genericità - considererei la notizia una "non notizia" e dunque non meritevole di menzione.