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31 mar 2012

Anche le montagne ci parlano

di Luciano Caveri

La toponomastica studia i nomi dei luoghi e nelle parole si trovano facilmente, stratificati nel tempo, significati depositati sugli oggetti dalle persone che sono vissute o sono state in quei posti. Scienza affascinante e insidiosissima, come può essere appunto il lavoro di chi, partendo da una denominazione, effettua una ricerca di fino, cercando origini e spiegazioni. Sulle montagne valdostane ci prova l'"alpino" Umberto Pelazza, dedicatosi ormai da anni a studi e scrittura, assecondato in questo caso dall'antico "Club Alpino Valdostano", presieduto da Sergio Gaioni, che conosco da quando ero bambino quando, come molti a Verrès, ero rigorosamente iscritto al "Cai". Pelazza, con il passo guardingo dell'esperto di montagna e con la visione d'insieme dell'alto ufficiale degli alpini quale è stato, percorre la Valle - accompagnandosi con immagini fotografiche scarne ma efficaci - attraverso un vero e proprio Grand Tour alla scoperta del perché le cime delle nostre montagne e di quelle viciniore abbiano certi nomi. Lo fa con rapidi flash e senza mai omettere, nei casi più controversi, le diverse teorie e segnalando anche come siano avvenute anche certe distorsioni linguistiche. Ne emerge un vero e proprio "Vocabolario dei monti valdostani", come chiarito nel titolo del libro. Ha ragione da vendere l'autore nel citare il glottologo svizzero Jules Guex, che definì la toponomastica "la scienza più affascinante all'aria aperta". Pelazza veste con eleganza i panni di investigatore, prendendoci per mano e indicando una ad una le montagne  e i retroscena del loro nome. Quel che emerge è una lunga storia, che transita attraverso le lingue delle popolazioni che si sono mischiate dai primi popolamenti in poi, seguendo anche le altalene del clima. Interessante un interrogativo che faccio mio a pagina 35: "Il Corno Nero (o Schwarzhorn, 4322 m), la Pyramide Vincent (4215 m), il Balmenhorn (4167 m), tutte over 4000 come del resto alcune cime della catena del Monte Bianco, si trovano interamente in territorio nazionale. Perché molti testi di geografia e guide turistiche si ostinano allora a ripetere che l'unica vetta italiana sopra i quattromila metri è il Gran Paradiso?".