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31 mar 2012

Le apposite distinzioni

di Luciano Caveri

Tra pochi mesi arriverò al traguardo dei venticinque anni di politica. Una vita, direte voi. In effetti è così e confesso di guardare con soddisfazione alla mia - si potrà chiamare così? - carriera, che dalla fine degli anni Ottanta è arrivata sino ad oggi in diversi ruoli.  Evito autocelebrazioni, anche perché il merito è in primis di chi ha avuto fiducia in me, ma noto semmai come da allora la percezione della classe politica sia peggiorata e oggi, epoca in cui spadroneggiano i tecnici, siamo forse al minimo storico della popolarità dei politici e non me ne stupisco affatto. Anche se non penso che in democrazia si possa prescindere dal sistema elettorale e rappresentativo. Lungi da me voler difendere in questa fase la categoria (ormai "casta" nella definizione corrente), ma la richiesta sommessa è quella di evitare "di fare di ogni erba un fascio". Io di politici, in Italia e in Europa, ne ho conosciuti tanti e di tutti i colori e mi sono formato l'opinione che in ogni schieramento la prima distinzione che andrebbe fatta è fra onesti e disonesti e poi - dopo la prima scrematura - fra capaci e incapaci. Non la faccio troppo lunga sugli aspetti morali. Basti la massima di uno scrittore che fu anche politico ai vertici, André Malraux: "On ne fait pas de politique avec de la morale, mais on n'en fait pas davantage sans". Certo la politica attira molte persone e il campionario è vasto e multiforme. Io ne ho viste di storie personali, che un giorno annoterò nelle memorie: colleghi per cui avrei messo la mano sul fuoco mi avrebbero reso - se lo avessi fatto - come Muzio Scevola con un arto abbrustolito o, per contro, chi mi sembrava un losco trafficone si è mostrato, alla prova dei fatti, adamantino. Bisogna sempre diffidare delle apparenze e scavare al di là della facciata: questa dovrebbe essere una regola d'oro per i cittadini elettori. Un'unica cosa ho capito e invito a pensarci anche in Valle. I più virulenti contro politica e politici spesso approdano in Consiglio regionale, come se la critica fosse alla fine un'occasione per dire, nel concreto, «fatti più in là».