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23 mar 2012

I 150 anni e i nodi irrisolti

di Luciano Caveri

Ogni cosa può essere vista da una prospettiva diversa. E' questo uno degli aspetti più importanti della democrazia. Pensiamo alla visione complessiva derivante dalla chiusura delle manifestazioni per i 150 anni dell'Italia unita. Al Quirinale, il Presidente Giorgio Napolitano ha ricordato, al termine delle celebrazioni, di aver detto un annetto fa che si sarebbe trattato di «un risveglio di coscienza unitaria e nazionale le cui tracce erano destinate a restare, i cui frutti rimanevano ancora largamente da cogliere». Ha proseguito il Presidente della Repubblica: «Ebbene, credo che quei frutti li stiamo raccogliendo anche e in particolare nella fase speciale e cruciale che la vita pubblica italiana ha imboccato quattro mesi fa. Si sta facendo sentire e mostrando prezioso quel "lievito di nuova consapevolezza e responsabilità condivisa" che avevamo visto crescere nel moto sempre più profondo e diffuso delle celebrazioni. Lo dico pensando al clima in cui si è risolta in novembre un'assai difficile crisi politica; e al clima in cui un governo formatosi fuori degli schemi ordinari, con caratteristiche per varii aspetti mai sperimentate, sta portando avanti un'azione tutt'altro che indolore. Tutto sarebbe stato e sarebbe più arduo se in precedenza, nel ripercorrere gli alti e bassi della nostra storia unitaria, non si fosse ritrovato e potenziato il senso dell'interesse generale da far prevalere su ogni interesse particolare, il senso e il valore della coesione sociale e nazionale come leva per superare - oggi al pari di ieri - sfide e prove ineludibili». Si tratta, come avete capito, di un'autorevole interpretazione: il caso ha voluto che in occasione del secolo e mezzo dell'Italia una crisi profondissima europea e mondiale, ricaduta pesantemente sull'Italia, "obbligasse" ad un senso di unità nazionale per evitare la catastrofe. Questo richiamo è nelle corde di Napolitano, del suo senso delle istituzioni e nel magistero della sua carica. Aggiungerei, sommessamente, che l'occasione sarebbe stata utile per capire il perché di quelle tare e quei problemi che l'Italia si è portata dietro dall'Italia liberale al fascismo, dalla Monarchia alla Repubblica attraverso i 150 anni di storia patria. Ma questo non è avvenuto e va detto che pure in Valle l'occasione non è stata sfruttata per una riflessione di lungo respiro sulla nostra autonomia. Uno dei temi - che si ripetere qui sino allo sfinimento dei benevoli lettori - sta nelle scelte operate in origine nei passaggi fondativi e trascinatisi sino ad oggi, in un Paese che oscilla fra voler essere uno Stato centralista e uno Stato decentrato, scegliendo un regionalismo al ribasso e mortificando dall'Ottocento ad oggi chi ha sempre predicato la svolta federalista. Sino alla più recente umiliazione di un federalismo di carta, finto e accattone, che non ha consentito all'Italia di reggere all'urto della crisi e obbligato il sistema politico all'abdicazione, non essendoci un'altra via percorribile. Per cui benissimo le celebrazioni e accettabile il richiamo all'emergenza in atto, ma resti chiaro che i tecnici devono operare nel rispetto pieno della Costituzione (e per noi anche senza strappi rispetto allo Statuto speciale!).  Quel che mi pare essere mancato è, nell'insieme, proprio l'autocritica, che è l'unico antidoto al veleno della retorica.