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18 gen 2012

Che zuccone!

di Luciano Caveri

Sono stato protagonista, con un tono "leggero", di una polemica bonaria sulla pagina locale de "La Stampa", riguardante la scelta del Comune di Verrès di agevolare la coltivazione della zucca, scelta come simbolo di un riscatto gastronomico locale. Della serie: «perché privarci di una sagra che contraddistingua, con un prodotto trainante, il nostro paese?» Vorrei sdrammatizzare la questione per evitare di creare una tempesta in un bicchiere d'acqua. In Valle gli appuntamenti legati a prodotti "locali" non mancano: penso al "Lardo" per Arnad o al "Jambon" per Saint-Rhemy-en-Bosses, mi riferisco alla "Fiocca" di Avise o al "Tetëun" di Gignod, segnalo il miele per Châtillon e la "Seuppa vapelenentse" per Valpelline, ricordo il cinghiale per Pontey o - ultima nata fra le sagre - quella del mirtillo di Fontainemore. Potrei continuare a lungo e vedreste la varietà di prodotti: in molti casi sono scelte "obbligate", che seguono la reale vocazione di un paese, in altri casi la scelta è più o meno veritiera e asseconda la logica, assunta a tavolino, di "coprire" una tipologia di prodotto, che altri non hanno ancora scelto. Una sorta di logica di ritaglio. Verrès, dove pure qualche gara sulla zucca più grande esisteva in occasione del patrono (Saint-Gilles, ma a Verrès si celebrano anche San Rocco e Sant'Agostino!) e veniva di certo anche consumata in quell'occasione, sembra scegliere a freddo di "avere" un suo prodotto e la zucca si presta niente male ad una varietà di piatti infinita e dunque è propizia all'uso. Resta, tuttavia, la necessità di avere una produzione locale e non trovarsi nel paradosso - già esistente in qualche paese - di prodotti "tipici" in realtà importati per fare la sagra. Capisco che è poca cosa, direi innocua e - come verrezziese che non abita più lì - dovrei essere cauto nella logica "no taxation without representation", ma al cuor non si comanda e certi pensieri, come quello del filone storico nel solco di un "fil rouge" rappresentativo di castello, collegiata e borgo (con le varianti gastronomiche del caso), sono solo segni di affetto. Lo scrivo a costo di farmi dare dello... zuccone.