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18 gen 2012

La nave contro gli scogli

di Luciano Caveri

Ieri, come tutti, ho seguito attonito, nel corso della giornata in un crescendo di preoccupazione, la vicenda della gigantesca nave da crociera che ha sbattuto contro gli scogli all'isola del Giglio. La televisione ha nella forza dell'immediatezza la capacità di portarti in casa le tragedie e l'immagine della nave letteralmente coricata su di un lato superava ogni fantasia. Ma a colpire erano soprattutto le testimonianze dei viaggiatori della mini-crociera nel Mediterraneo, palesemente fuori stagione e che dimostrava al volo come questo turismo, un tempo élitario, sia oggi un'espressione del low cost, se comparato ai prezzi di un tempo. Ma ovviamente per contenere i costi - mi avevano raccontato gli amici che c'erano stati - come il personale di bordo fosse in larga misura manodopera proveniente dai Paesi poveri del mondo. E forse, ma sarà l'inchiesta a dirlo, per questo - per mancanza, come si dice, di professionalità - i piani di allerta e di sicurezza sono andati in tilt. Ma spicca in queste ore l'italianissimo comandante della nave, fermato per due terribili sospetti: il primo, confermato da un video amatoriale, è che questo passaggio della nave a rasentare l'isola per "salutarla" fosse diventata un abitudine a dispetto delle norme; la seconda è che ad un certo punto il capitano abbia lasciato la nave, pensando alla propria incolumità e non al suo ruolo. C'è veramente da augurarsi che non sia così. Sarebbe il segno, grave per le sue conseguenze ma anche per i suoi elementi simbolici, di che cosa in Italia non va. Un misto fra furberia e sciatteria, che allontana spesso chi ha delle responsabilità dai suoi doveri e la violazione delle regole, talvolta considerata o come un peccato veniale o come un gesto simpatico, innesca poi catene di eventi che trasformano la commedia all'italiana in tragedia. Così in mondovisione appare un caso di cronaca fatto di imperizia e stupidità che alimenta un'immagine dell'Italia alla quale mi sono sempre ribellato perché ingiusta e dovuta a quella minoranza che continua a ritenere le regole da rispettare una "rottura". Spesso di questi tempi, per descrivere i problemi italiani, si è usata, come metafora, la tragedia marittima del "Titanic" (sulla nave morì un valdostano di cui racconteremo la storia quest'anno per il centenario dall'affondamento). I misteriosi o casuali meccanismi che sovrintendono gli eventi ce ne hanno fornito un altro esempio, certo meno terribile, ma la dinamica di una nave lanciata a tutta velocità verso gli scogli è davvero impressionante.