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05 dic 2011

Una vicenda da chiarire

di Luciano Caveri

Non ho mai conosciuto Lucio Magri, ma l'ho incontrato molte volte alla Camera dei deputati, dove aveva fatto una legislatura e che frequentava come giornalista. Era certamente un personaggio rispetto al quale avevo qualche pregiudizio, sembrandomi un esempio classico di quella che i francesi chiamano "gauche caviar". Mai avrei pensato che sarebbe diventato il simbolo di una vicenda tragica. Se quel che è stato scritto è vero, il suo sarebbe stato un "suicidio assistito", avvenuto in Svizzera, come epilogo drammatico di un periodo di depressione e la scelta sarebbe stata ben nota alla sua cerchia di amici. Trovo che questa vicenda - che mi fa venire i brividi per la sua dinamica - nuocerà a chi, come me, ritiene una scelta legittima quella dell'eutanasia a fronte di una malattia giunta ad uno stadio terminale, quando la vita non è più tale. Naturalmente ciò dovrebbe avvenire con regole e tempistiche precise e con un'espressione chiara di volontà. Lo Stato, in certe situazioni, deve fare un passo indietro. E' tutta diversa, rispetto allo scenario di un'agonia senza speranza, la scelta di un "suicidio pilotato" a fronte di una pur grave depressione, che anche nei suoi esiti più terribili non è mai incurabile. Per cui vorrei davvero che nei giorni a venire ci venisse raccontato tutto. Se è vero, infatti, che nel maggio scorso un referendum popolare contro l'eutanasia come "turismo della morte" ha finito in Svizzera per confermare l'apertura della pratica ai cittadini stranieri, mi pareva che restasse il concetto chiave di "malato terminale". La "vicenda Magri" indicherebbe un attitudine diversa davvero allarmante.