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02 dic 2011

Tes beaux yeux...

di Luciano Caveri

Balzac, la mia vecchia gatta nera, è sparita e penso sia finita nel paradiso dei mici assieme ai molti gatti che ho avuto nella mia vita. Non è la prima volta che mi capita che spariscano così d'improvviso. Chissà che non ci sia qualcosa d'istintivo, nell'approssimarsi della fine, in questi piccoli felini formato famiglia. Aveva il nome musicale del grande scrittore francese per un caso: quando venne rinvenuta in una soffitta di una casa a Châtillon era un batuffolo nero minuscolo, ma combattivo, gonfiandosi per apparire chissà chi, con una grossa zecca al centro della schiena. Fu adottato e mio papà veterinario, cui chiedemmo il sesso, guardò svogliatamente e - annunciato che si trattava di un maschio - venne battezzato Balzac, che poi mesi dopo dimostrò il suo vero sesso, quello femminile. Il nome restò. Ha campato una quindicina d'anni, seppellendo gatti più giovani, vivendo con grande serenità e ritenendomi sin dall'inizio il suo padrone o forse con i gatti andrebbe detto «che lei fosse la mia padrona». Che mi volesse bene, pur con l'opportunismo felino e con la permalosità per un nonnulla, nessuno potrà mai negarlo: ronfava volentieri, mi parlava con strani miagolii, amava le mie carezze sulla pancia, se non stavo bene zompava sulla mia di pancia e si stendeva con occhi ipnotici. Io penso che mi capisse e soprattutto "sentisse" il mio umore.  Non tutti capiscono il fatto che si soffra per la morte di un animale, considerandolo quasi offensivo verso l'umanità. Mentre io penso che gli animali domestici siano parte di noi e finiscano per essere come dei familiari cui volere bene. Balzac, gatto amato, ti ricordo con i versi sul gatto di Charles Baudelaire: "Viens, mon beau chat, sur mon coeur amoureux;  Retiens les griffes de ta patte, Et laisse-moi plonger dans tes beaux yeux,  Mêlés de métal et d'agate. Lorsque mes doigts caressent à loisir  Ta tête et ton dos élastique, Et que ma main s'enivre du plaisir  De palper ton corps électrique...".