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04 giu 2013

Gnam! Gnam!

di Luciano Caveri

La mitologia greca, prima che se ne occupasse in parte la "Walt Disney" con i suoi cartoni, era appannaggio di chi facesse il Liceo Classico, come chi vi scrive, e boccheggiava nell'intrico di narrazioni e leggende sugli dei alla base dei molti passaggi dell'antica civiltà greca e soprattutto delle temibili versioni da tradurre in italiano. La possibilità con il greco, tranne per i bravissimi (ricordo Roberto Zardo, mio compagno di classe), era di prendere "lucciole per lanterne". Questi déi se ne facevano fra di loro di tutti i colori, persino - con stupore per chi leggeva certe storie da ragazzo - attraverso forme esplicite di cannibalismo. Traggo da un sito Internet una sintesi di uno di questi miti cruenti: "Crono era il figlio minore di Urano e di Gaia, quindi il più giovane dei Titani. Aiutò la madre ad evirare e detronizzare Urano, di cui prese il posto, dopo aver precipitato negli inferi i fratelli Ciclopi ed Ecatonchiri o "giganti dalle cento braccia". Poi sposò la sorella Rea ma, poiché i genitori - depositari della saggezza e della conoscenza - gli avevano predetto che sarebbe stato a sua volta deposto da un figlio, divorava i piccoli via via che Rea glieli presentava. E così generò e poi ingoiò Estia, Demetra, Era, Plutone e Poseidone. Figli di Crono, ma non di Rea, sono anche l'immortale saggio centauro Chirone ed Efesto. Rea, in procinto di mettere al mondo Zeus, l'ultimo dei suoi figli, fuggì a Creta, dove partorì, poi presentando a Crono una pietra avvolta di fasce, che egli prontamente divorò senza accorgersi dell'inganno. Divenuto adulto Zeus, dopo avergli somministrato una pozione che lo indusse a vomitare i figli precedentemente divorati, con l'aiuto di questi ultimi mosse guerra a Crono, a sua volta alleato con i propri fratelli Titani. La lotta durò dieci anni ma alla fine Zeus...". Mi fermo qui perché in confronto le telenovela sono da dilettanti. Questo dio, infine detronizzato, ricorda da vicino certi appetiti nella politica valdostana, dove nell'ultima tornata ci sono stati parecchi agnelli sacrificali. Si spaccia quanto avvenuto e in certi casi macroscopici come se fosse un ricambio, a me pare invece una colossale mangiata, degna di Crono. Specie perché, a finire inghiottito, è stato chi si era spinto - paradosso evidente - a digerire qualunque cosa. Beffardo il destino, quando si finisce di fronte ad un capriccio che crea, se si finisce divorati come nel caso in esame, raccapriccio. D'altra parte la parola - per usare sempre una citazione classica - è come un Giano bifronte. Lo dimostra il dizionario etimologico: "la voce "capriccio" ha due significati: uno attuale di "desiderio bizzarro e improvviso" (attestato nel secolo XVI) e uno disusato di "ribrezzo", ancora vivo nel derivato "raccapriccio"; entrambi derivano da "capo riccio", il primo perché i capelli ricci sono ritenuti segno di carattere bizzoso e ribelle, il secondo perché l'arricciarsi dei capelli è uno dei segni esteriori dei sentimenti di ripugnanza e di paura".