Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
21 giu 2012

La dimensione europea

di Luciano Caveri

Il caso ha voluto che nella stessa domenica si votasse per il secondo e decisivo turno per le politiche in Francia e lo stesso avvenisse in Grecia per elezioni resesi necessarie per la mancanza di una maggioranza parlamentare dopo il voto di qualche settimana fa. Gli esiti sono noti: solida maggioranza socialista e di sinistra a Parigi, vittoria della destra e possibile coalizione di governo coi socialisti "pro-Europa" ad Atene. Queste due vicende, per le implicazioni sul futuro dell'Unione europea, dimostrano con chiarezza come ormai la dimensione europea sia, nel bene e nel male, un quadro istituzionale comune che si è affermato nel cammino dagli anni Cinquanta dal Novecento ad oggi.  E' un elemento evidente su cui è bene riflettere anche per la nostra Valle d'Aosta e riguarda il fatto semplice all'apparenza di due strade - la nostra autonomia speciale e l'immanente integrazione europea - che dapprima parallele hanno finito per incrociarsi. E, malgrado ovviamente nello Statuto nel 1948 non si citasse un'Europa che allora era solo un'idea, al rapporto "Aosta - Roma" come asse della dialettica politica si è sostituita la triangolazione "Aosta - Roma - Bruxelles". Anzi, basta guardare ai problemi della legislazione regionale, per capire come gli spazi di azioni in numerosissime materie siano ormai condizionati dalla dimensione comunitaria e non più da quella nazionale. Questa dinamica obbliga la classe politica valdostana e le istituzioni democratiche frutto dello Statuto ad un continuo salto di qualità. Il mio amico Renato Barbagallo, studioso dell'ordinamento valdostano e segretario generale della Regione per molti anni, ricorda come per molto tempo la "macchina" della nostra autonomia abbia mantenuto la mentalità della vecchia "Provincia d'Aosta", concependo il lavoro quotidiano come semplice amministrazione senza quella dimensione politica forte insita nell'autonomia speciale. Certi rimasugli di questa idea puramente "amministrativa" sussistono ancora oggi e questo stride, specie verso l'Europa, con la necessità di evitare che la routine quotidiana ci impedisca di giocare partite decisive nell'interlocuzione sempre più vasta a Bruxelles, affiancata alla consueta negoziazione con Roma. Per questo "dobbiamo" essere europeisti: un'attitudine mentale e una scelta politica che non significano affatto una bovina adesione all'attuale costruzione europea, ma significano impegno a correggerne errori e storture. Sapendo che l'Europa può essere una chiave di lettura importante per evitare le tentazioni che a Roma si voglia "staccare la spina" dell'autonomia speciale, ma per questo bisogna presidiare la politica europea e tessere alleanze.