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25 set 2011

Guardando il cielo

di Luciano Caveri

Guardo il cielo e penso alle generazioni precedenti che sotto questo stesso cielo hanno vissuto la loro vita. Non posso neanche lontanamente comparare le difficoltà vissute dalla mia generazione con quelle, in periodi storici diversi, dei miei nonni o dei miei genitori. Ma questa non può essere una chiave di lettura consolatoria. E' la constatazione che la logica della crescita, dello sviluppo, della "pancia piena" aveva innescato una sorta di speranza che un ambiente confortevole, almeno qui da noi avendo presente dolori e malesseri di una vasta parte del mondo, accompagnasse la nostra vita e quella dei nostri figli. Sull'onda del "boom economico" e di un percorso lastricato di tanti ottimismi nulla lasciava presagire quanto sta avvenendo e sono stufo di quelli che, gufi silenti al momento buono, oggi predicano che «abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità». Vien da sorridere a leggere poi che tutto un filone "anticapitalista" pensa oggi di essere vincente. Semmai è giusto – e l'ho scritto in epoca non sospetta – pensare che non di solo "Pil - Prodotto interno lordo" si campa, essendoci questioni immateriali difficilmente misurabili che compongono benessere e felicità. E anche quelle materiali non sempre sono misurabili con l’esattezza derivante dai numeri. Era George Bernard Shaw a dire che «esistono cinque categorie di bugie: la bugia semplice, le previsioni del tempo, la statistica, la bugia diplomatica e il comunicato ufficiale». Comunque sia, questa speranza di una vita in continuo miglioramento si è infranta e oggi chiunque abbia buonsenso osserva lo scenario con evidente preoccupazione per oggi e soprattutto per domani. Non è solo una questione di economia, di difficoltà di lavoro e nel lavoro, direi che è qualche cosa di più profondo, come si trattasse di un sogno infranto, di un contratto stipulato che non viene rispettato. Per me l'elemento più preoccupante è la crisi della politica e la tentazione ormai evidente di «fare tutta un'erba un fascio» dei politici e della democrazia rappresentativa. Il Novecento ci aveva illustrato, con molti esempi storici, la tragedia del potere incarnato da una persona sola, andando da una gamma di dittature sino alla deriva di scelte presidenzialistiche. Eppure la crisi sembra spingere di nuovo in quell'angolo con tutte le conseguenze del caso.