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21 set 2011

La buffonata delle Province

di Luciano Caveri

La mia tesi sulle soppressione delle Province è nota, rifacendomi a quelle osservazioni sulla loro inutilità del grande federalista Luigi Einaudi, economista e politico che "capiva" i valdostani anche perché fiero delle sue origini montanare nell'occitana Val Maira. Per cui, coerentemente, nell'ultima manovra economica, nella quale i sacrifici richiesti alle autonomie speciali sono iniqui e violano lo Statuto e le norme d'attuazione sul riparto fiscale, vedevo - come su di una tomba del buonsenso - un solo lumino acceso: l'abolizione di alcune Province (ne approfitto per confermare che nell'elenco al Consiglio dei Ministri figurava anche la provincia di Aosta, soppressa nel 1945!), come premessa alla loro definitiva soppressione. E poi, come un coup de théatre, il Governo decise, in uno dei radicali cambiamenti della manovra, la fine definitiva, approvando una norma costituzionale. Leggendola si capisce che siamo ormai un Paese da operetta, in cui l'"effetto annuncio" - specie da parte leghista in remote feste di partito in paesini della bergamasca a dimostrazione di un "celodurismo" ormai da "viagra" - si ammoscia nel compromesso «per non far arrabbiare i nostri». Per cui le Province nella proposta costituzionale, un'autentica buffonata, muoiono per risorgere come ente intermedio con legge regionale con il rischio persino che alla fine le Province aumenteranno di numero. In "Padania", in onore dei longobardi, potrebbero chiamarle "ducati" o "gastaldati" (lo dico per ridere ma potrei essere superato dalla realtà). Occasione perduta che mostra come il tramonto di questa fase storica è di una lentezza terribile e si accompagna a fatti e misfatti che non finiscono mai di stupire. Con o senza le intercettazioni telefoniche.