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18 set 2011

"Une langue est un logique"

di Luciano Caveri

Mi ha fatto piacere parlare di diritto delle minoranze linguistiche al "Festival des Peuples frères", che si è concluso sabato ad Aosta. Per me è stata un'occasione interessante, perché sono convinto che ogni lingua, anche se parlata da una comunità minuscola, sia una ricchezza per l'umanità. Con Émile Zola: «Une langue est une logique». E' bello pensare, dunque, come ogni lingua rifletta mentalità, costumi, adesione al territorio e senso di appartenenza. Il binario è fatto di due rotaie. La prima è la coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, frutto necessariamente di conoscenza e di meccanismi di formazione. Questo vuol dire aver sapere delle diversità che derivano dalla taglia della comunità, dalla coscienza politica, dalla vitalità culturale, dagli interlocutori statali.  La seconda rotaia è fatta dalla diversità culturale: una ricchezza che va praticata e questo può avvenire fra minoranze conoscendosi meglio. Solo in Europa siamo di fronte ad un "reticolo" ricchissimo, complementare alla tradizionale Europa degli Stati. Vale ovviamente l'applicazione del principio di sussidiarietà: dall'impegno personale sino al ruolo delle organizzazioni internazionali. Importante è il livello europeo, cui spetta un meccanismo di riconoscimento-tutela derivante dai Trattati, che dovrebbe essere oggetto di una direttiva europea che fissi alcuni principi cardine a beneficio delle legislazioni statali e regionali. Se in futuro la Commissione europea nicchierà, allora basterà che sette cittadini europei, ciascuno appartenente ad un diverso Stato membro, si facciano promotori di una bozza di direttiva, attraverso l'"initiative citoyenne", raccogliendo un minimo di un milione di firme in un quarto dei Paesi dell'Unione. Un numero assolutamente alla portata delle minoranze europee per imporre una scelta all'Europa.