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21 ago 2011

Tempo di funghi

di Luciano Caveri

L'altro giorno mio fratello Alberto - avvocato civilista dall'aplomb anglosassone - mi ha telefonato in preda all'entusiasmo. Per un secondo ho pensato che avesse vinto al "Superenalotto" o a qualcosa del genere e invece l'entusiasmo era per un bottino nei boschi della Val d'Ayas. Alla ricerca di funghi, si era imbattuto in un porcino di grandi dimensioni, sette etti, di cui mi ha fatto una descrizione precisa e gioiosa. Storie analoghe, di questi tempi, le viviamo tutti, essendo - a quanto pare - la stagione propizia e ho già gustato deliziosi porcini fritti, che sono per il mio stomaco la fine che considero migliore. La ricerca di funghi è un'attività socialmente interessante. C'è il cercatore solitario, conoscitore e spietato, che da solo o con amici fidati percorre i boschi, conoscendo i posti migliori - e il punto preciso della possibile crescita della preda - come un navigatore satellitare. E, all'opposto, c'è il gruppo di amici che approfitta dell'uscita per una scampagnata tutti assieme e spesso il fungo più bello lo trova il neofita baciato dalla fortuna. Poche storie: il rinvenimento di un fungo emoziona. Ricordo da bambino quando ti trovavi faccia a faccia con un porcino: era un batticuore. Il fungo ha un che di misterioso: passi dieci volte nello stesso posto e non lo vedi per il suo mimetismo e poi, magari d'improvviso, si svela. Ricordo le lezioni di mio padre per distinguere buoni e cattivi. In fondo la micologia, in questo distinguo, può essere usata come metafora applicabile agli esseri umani...