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29 lug 2011

Il dolore dei norvegesi

di Luciano Caveri

Un attentato e una strage, concatenati in una feroce logica omicida contro persone inermi, sconvolgono la Norvegia e riempiono le televisioni di immagini drammatiche, che nulla hanno a che fare con l'immagine stereotipata di questo Regno scandinavo tranquillo ed accogliente.  Geograficamente è un grande Paese (più esteso dell'Italia), ma ha più o meno gli stessi abitanti del Piemonte. Dunque una comunità piccola che è stata colpita da una tragedia impensabile, di cui ancora restano confuse ragioni e responsabilità. Scriverne qui è solo per dare il senso di partecipazione, ma anche per indicare il fatto sconcertante e assieme banale di come nessuno sia, in questo nostro mondo, al riparo dalla follia singola o organizzata. Se poi si colpisce Oslo, sede storica del "premio Nobel per la Pace", allora le immagini di morte e distruzione, opposte all'ordine e alla compostezza cui si associa un popolo come quello norvegese, assumono una caratteristica di ammonimento su come oggi l'orrore possa bussare alla porta. Neppure i norvegesi lassù sul mappamondo, fieri della loro specificità (non sono nell'Unione europea) e che, ritrovatisi ricchi con il petrolio, hanno reagito come doveva fare una piccola democrazia: rendere più solido lo Stato sociale e non buttare via i "soldi facili", come fanno certi popoli "cicala" rispetto ad un popolo "formica".