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15 giu 2011

Le comunità

di Luciano Caveri

La Valle d'Aosta è stata terra d'accoglienza e sfido chiunque a dire il contrario. Lo dimostra chi porta un cognome come il mio, che è di origine ligure e deve al suo bisnonno la scelta iniziale - complice l'amore - di intrecciare la famiglia, lui e i suoi successori, con antiche famiglie valdostane. Ecco perché nei prossimi mesi andranno in onda, su "RaiVd'A", i racconti di integrazione (ripeto: integrazione) di alcune comunità: piemontesi, veneti, friulani, sardi e calabresi. Ognuno con la sua storia collettiva e di flussi, ma bisogna anche fare i conti con le storie personali e familiari, spesso appassionanti e talvolta dolorose, come sanno bene i valdostani che hanno ben presenti le vicende della "loro" emigrazione. Oggi la comunità più numerosa - le stime che ho letto parlano di trentamila persone fra vecchia o nuova immigrazione - è la comunità calabrese o forse sarebbe il caso di usare il plurale, distinguendo reggini e cosentini perché sono loro che lo fanno. Ricordo il libro di Giuseppe Ciardullo (con qualche dato dell'esperto Francesco Calvanese), di cui avevo scritto la prefazione, che era un misto fra aneddotica e storia dei "calabresi valdostani" che hanno contributo al benessere della Valle e in gran parte vivono con grande equilibrio la loro duplice identità. Sarebbe, tuttavia, ipocrita non segnalare l'esistenza di qualche preoccupazione, di attualità di questi tempi. C'è qualche soggetto singolo o qualche clan familiare che risulta da tempo collegato alla 'ndrangheta (la mafia calabrese) e da decenni nei rapporti ufficiali si parla di un impegno necessario per evitare che fenomeni sporadici si radichino con conseguenze gravi per la legalità. Per questo - immagino - alcuni criticarono l'arrivo ad Aosta, nel settembre del 2008, della croce della "Madonna della Montagna di Polsi" proprio per le pratiche che vengono utilizzate nel simbolismo degli affiliati alla 'ndrangheta. Lo dico con rispetto per i veri fedeli di questa Madonna.   Penso poi ad un tema di cui si vocifera da tante Legislature: la vendita di voti in certi ambienti. Fenomeno da contrastare perché falsa le regole della democrazia, con buona pace di chi può fare "semblant de rien" e che potrebbe pensare che in fondo "pecunia non olet".