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13 giu 2011

Una strada lastricata di provvedimenti "ad personam"

di Luciano Caveri

Voterò a favore del referendum sul "legittimo impedimento" sul quale, per ovvie ragioni di bon ton rispetto al nuovo alleato regionale, il Popolo della Libertà, l'Union Valdôtaine ha dato libertà di voto ai propri aderenti. Il mio voto deriva da un ragionamento generale di un atteggiamento di Silvio Berlusconi, per nulla nascosto, quello di adoperare la legislazione per risolvere dei problemi personali. Scelta che farebbe orrore nelle democrazie consolidate, dove leggi "ad personam" farebbero saltare qualunque Premier. Ma da noi in Italia - e non solo - chi è spregiudicato è oggetto, per fortuna non da parte di tutti, di viva ammirazione, almeno fino a quando non cade in disgrazia e allora i fans si evaporano. Marco Travaglioha contato trentasette provvedimenti a vantaggio di Berlusconi o delle sue attività (televisione, calcio, editoria…), ma a spulciare l’elenco si vede che non sempre si è arrivati a buon fine, specie per le bocciature della Corte Costituzionale o le mancate firme dei Presidenti della Repubblica o la sollevazione popolare come avvenne nel primo tentativo di occuparsi di giustizia ("decreto Biondi" del 1994). Il numero è dunque quello di più di una quindicina di "bonus". Si va dai problemi delle rogatorie internazionali (2001) alla modifica del "falso in bilancio" (2002), dal rallentamento del mandato di cattura europeo (2001) alla "leggina Cirami" sulla legittima suspicione (2002), dalla "leggina ex Cirielli" su tempi di prescrizione e imputati ultrasettantenni (2005) alle norme risibili sul conflitto d'interessi note come "Frattini" (2002). Spiccano poi questioni a beneficio di "Mediaset" come il condono fiscale (2002) o come il condono per i coimputati (2003). Sono numerose le leggine in materia televisiva  (salvataggio "Rete4", decoder, tassazione "Sky") e persino a vantaggio del Milan e spuntano anche i problemi edilizi della villa in Sardegna! E c’è naturalmente, oggetto del referendum, quel che resta della legge del 2010, corretta con sua sentenza dalla Corte Costituzionale, in materia di legittimo impedimento, istituto già presente nel diritto processuale e che consente all'imputato di non essere in Tribunale. La legge, in soldoni, prevedeva un'estensione di modalità e tempi per non presentarsi all'udienza penale per il Presidente del Consiglio e i Ministri. La Consulta ha sgonfiato la legge e quel poco che resta verrebbe spazzato via dal voto favorevole al quesito del referendum, che ha, a questo punto, un significato politico.