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05 giu 2011

La transizione

di Luciano Caveri

Silvio Berlusconi sapeva perfettamente della sconfitta che lo aspettava. Chi come lui adopera da sempre i sondaggi anche questa volta li aveva in mano, forse non esattamente rappresentativi della débâcle, vista la faccia terrea - malgrado il fondotinta - che esibiva nel viaggio ufficiale in Romania. In un Paese normale, dopo aver lui stesso trasformato queste amministrative in un test politico per il Governo, questa mattina il Premier salirebbe al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni, avendo ripetuto per anni, in modo ossessivo, che «gli italiani mi vogliono!». Ma questo non avverrà e anzi Berlusconi, come una belva ferita, si prepara a "resistere, resistere, resistere". In un clima di veleni e di congiure di Palazzo, di cui è ricca la storia italiana, i Ministri leghisti hanno gridato la loro fedeltà, sordi agli appelli dei loro iscritti che ho sentito ieri con le mie orecchie su Radio Padania (resta da capire se sarà davvero così...). Berlusconi prova a rimanere in piedi e cercherà in tutti i modi di raccattare i voti per la difficile fiducia alla Camera con un'ultimo sforzo per accontentare i "responsabili" (mai definizione è stata così sbagliata, trattandosi di mercenari trasformisti). Triste deriva, l'ennesima ma ormai l'ultima, per Silvio Berlusconi che teme che per lui e le sue fortune imprenditoriali e patrimoniali - che fu già la ragione del suo ingresso in politica - tutto possa finire perché travolto da uno tsunami. Speriamo che la transizione verso un rimescolamento molto forte della politica italiana, con cui la stessa Valle dovrà fare i conti per gli accordi in essere della maggioranza che governa la Regione con parte dell'establishment berlusconiano, non duri troppo.