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01 mag 2011

Gli occhi aperti alla luce

di Luciano Caveri

Strano Paese l'Italia: il 150esimo dell'Unità d'Italia, festeggiato in quella data "una tantum" che è stata il 17 marzo, sembrava aver scaldato i cuori, malgrado la credibilità in picchiata dello Stato (consiglio questa volta la lettura sul punto di Giorgio Bocca, di cui non sempre condivido i pensieri agri, su "L'Espresso" in edicola). Del 25 aprile, festa della Liberazione, coincidente quest'anno per caso con Pasquetta (giorno per definizione di san... picnic), non interessa a nessuno se non ai pochissimi superstiti decimati con il passare del tempo e ad alcuni militanti che, con il loro impegno rispettabile, finiscono per "marcare", come se fosse di parte, una festa che dovrebbe essere di tutti e non nel nome di un nazionalismo astratto. Peccato davvero che questo crescente oblio avvolga questa giornata e un lento e inesorabile revisionismo, impastato di luoghi comuni e banalizzazioni, cancelli questo pezzo di storia. Per altro va ricordato come i neofascisti - opportunamente ripuliti e "pentiti" - siano al governo e dunque va giusto bene che una sorta di nebbia confonda memorie e ricordi. Questo addormentamento delle coscienze è come se mirasse a far credere che tutto alla fine sarebbe stato più o meno uguale se a vincere fosse stato nel 1945 il nazismo con i suoi lacchè. Che i valori della Resistenza (che non ho mai santificato perché di errori ce ne furono molti) fossero perdenti in questa Italia lo ha capito chi, leggendo la storia del dopoguerra, si è accorto in fretta che il "vento del nord" a Roma era durato poco e con evidente e inquietante continuità si è passati dal fascismo alla Repubblica.  Così la Liberazione, a furia di essere ridimensionata e riletta, sta facendo una brutta fine e chi ci crede, ritenendola un momento di riscatto, fa la figura del retrò e in questo sentirmi "fuori moda" mi sento molto a mio agio.

Ricordo in chiusura la poesia di Giuseppe Ungaretti "Per i morti della Resistenza":

Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce                     perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce.