Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
26 apr 2011

Legittimo sospetto

di Luciano Caveri

Sarà vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, ma questa storia dello stop al nucleare decisa dal Governo Berlusconi o è un voltafaccia o è una furbata. Per alcuni anni in modo strisciante e poi in modo manifesto lo slogan è stato: "senza il nucleare non si va da nessuna parte" e la scelta appariva importante, strategica, determinante e altrettante definizioni roboanti a seguire. Poi il terremoto e lo tsunami giapponesi, con le vicende ben note delle centrali di Fukushima, sono arrivati come una batosta per questa "primavera" filonucleare e da qui la scelta del "no". Questo il voltafaccia versione "buonista". Parliamo ora della furbata. Ci sono le amministrative e la paura del nucleare poteva essere negativa per i risultati delle urne e dunque si era scelta la moratoria di un anno per calmare le acque e come antidoto per sdrammatizzare il voto del 12 e 13 giugno sul referendum sul nucleare. Ma i sondaggi devono aver detto che un anno di sosta non bastava e i cittadini - poffarbacco! - sarebbero andati a votare sull'onda emotiva e questo sarebbe risultato decisivo non solo per affondare il nucleare, ma anche, consentendo di raggiungere il quorum, per far approvare un altro dei referendum e abrogare quel che resta della legge nota come "legittimo impedimento" dopo la sentenza della Corte Costituzionale questo sarebbe stato pericoloso per la "tutela" di Silvio Berlusconi nei processi, facendo venir meno uno strumento, pur spuntato, per prendere tempo nei processi e ogni settimana è preziosa. Ecco perciò spiegata la leggina che rende apparentemente ormai tramontata l'ipotesi nucleare, così quel referendum non si terrà, facendo venir meno la seccatura di un "no" alle centrali nucleari e quella spinta al voto per gli altri referendum (i restanti due sono quelli per una gestione pubblica dell'acqua). In ballo, insomma, c'è la legislazione "ad personam" sulla giustizia e un pronunciamento popolare sul tema.