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24 apr 2011

Il giovane è mobile

di Luciano Caveri

Mio padre a vent'anni è stato spedito in treno con destinazione Auschwitz, mia madre si è sposata a diciannove anni e hanno avuto entrambi la chance di diventare ottuagenari. Certo giovani lo erano e con tutta evidenza: non c'era bisogno di disquisire troppo sull'età e su quel termine "giovane" (giovane industriale, giovane amministratore, giovane politico), che sembra oggi, invece, allargarsi come una fisarmonica. Chi oggi è giovane, magari eterno adolescente, una volta era già largamente considerato adulto. Comprensibile la forbice: quando io avevo ventotto anni ero il deputato (maschio) più giovane a Montecitorio ed a quarantatré ero il più giovane fra i Presidenti di Commissione al Parlamento europeo. Questo per dire di come il concetto di giovane sia mobile e lo si può capire con l'uso di dati ufficiali. Per meglio definire il concetto di giovane e vecchio si è possibile, ad esempio, adoperare il concetto di "speranza di vita alla nascita". In Italia è stato nel 2010 di 79,1 anni per gli uomini e 84,3 per le donne, in leggera crescita rispetto ai dati del 2005, 78,1 e 83,7, rispettivamente per ciascuno dei due sessi. Il progresso è notevole se si considera che, sempre mediamente, nel 1880 in Italia la speranza di vita alla nascita era di 35,4 anni (era dieci anni di meno in epoca romana!), divenuti 42,8 nel 1900, 54,9 nel 1930 e 65,5 nel 1959. Se si guarda la demografia futura della nostra Valle, in linea con il reato dell'occidente, all'orizzonte  dei prossimi decenni gli anziani saranno sempre più vecchi (evviva, se ci sarò in buona salute!) e con una grande incidenza percentuale sulla popolazione totale. I cinquantenni insomma, saranno... giovani e i giovani "veri" saranno quattro gatti per via del crollo demografico. Che pasticcio!