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24 apr 2011

Morti sul lavoro

di Luciano Caveri

L'omicidio volontario è un reato grave perché è stato compiuto con intenzione, sapendo cioè di farlo. A peggiorare la situazione si può aggiungere "con dolo eventuale", che significa aver coscienza del rischio che si corre in determinate circostanze e si decide di affrontarlo lo stesso. Questo il nocciolo della sentenza contro Harald Espenhahn, l'amministratore delegato del gruppo siderurgico tedesco "Thyssenkrupp", che è stato condannato alla pena di sedici anni e mezzo per la morte, nel 2007, di sette operai dello stabilimento di Torino del gruppo. In sostanza: sapeva bene che i suoi dipendenti rischiavano la vita e non ha fatto nulla per impedirlo, diventando un assassino quando la tragedia si è sviluppata. Tra l'altro ricordo che amici esperti nelle lavorazioni siderurgiche - e in Valle ce ne sono di eccellenti per la nostra storia industriale - mi avevano spiegato in dettaglio la catena di errori che ha portato quel giorno a Torino alla tragedia e alle morti in circostanze orribili. E' vero che siamo in primo grado, ma la sentenza, in materia di sicurezza del lavoro, apre un capitolo nuovo e accresce di fatto le responsabilità dei capi delle aziende. Immagino che la settimana prossima in aziende come la "Cogne acciai speciali", che ha cicli produttivi simili alla fabbrica torinese, ci saranno riunioni apposite per valutare la sentenza. Se è vero, infatti, che la normativa sulla sicurezza, in buona parte di fonte europea, è complessa e articolata, la giurisprudenza non è banale, specie quando chiarisce la catena delle responsabilità e accresce, come dicevo, il peso delle responsabilità per le figure di vertice. Per altro, in un'Italia dove le morti sul lavoro restano elevate, non ci possono essere sconti.