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15 mar 2011

Una Festa che un giorno finirà

di Luciano Caveri

Vorrei essere provocatorio. Ci sono elementi simbolici che finiscono per suonare negativamente. La "Festa della Donna", come attualmente concepita, rischia di essere una scatola vuota, che viene riempita di retorica, cioccolatini e fiori di mimosa. Meglio sorvolare sulle grottesche feste con tragici spogliarellisti in tanga, degne della peggior tradizione di stupidità maschile. Se fossi una donna, chiederei che la Festa, che non è festività dando ad essa un rango minore come la "Festa del Papà" o la "Festa della Mamma", venisse abolita e con essa quel pensiero che finisce per considerare le donne come i panda, le stelle alpine, i libri antichi e tutto ciò che deve essere protetto. Io non penso che le donne abbiano bisogno di retorica e di "protezioni" (le "quote rosa" sono un obbrobrio giuridico), perché si sanno difendere da sole, laddove naturalmente esista la democrazia. Dove non c'è - e dove le donne sono perseguitate in quanto tali - siamo di fronte ad un'altra questione, pensando, come caso estremo, agli estremisti islamici e all'umiliazione quotidiana delle donne. Per cui all’ingresso della Valle andrebbe scritto: "qui non si festeggia l'8 marzo". E in caratteri minori andrebbe aggiunto: "perché la cittadinanza non ha genere". Capisco che è un atteggiamento astratto, forse solo una speranza.